Un convegno a Courmayeur, organizzato dal parlamentare europeo Alessandro Pansa, mi ha permesso - in un panel qualificato e pluralista - di pensare ad alcune cose rispetto alla delega che ho, intitolata “politica nazionale per la montagna”. Non è un addendo di cartapesta, ma una specie di dovere morale per chi sia valdostano e voglia essere lancia in resta per temi che riguardino i montanari di ogni dove. Si tratta, per altro, della materia di cui mi occupo, come referente, nella Conferenza delle Regioni ed è per questo che tempo fa, in modo assai fruttuoso per i temi affrontati, ho invitato ad Aosta tutti gli assessori regionali che si occupano della montagna. Direi che vale la pena - lo dico spesso – ricordare, perché serve meglio a descrivere la varietà di situazioni geografiche e territoriali, il termine al plurale e cioè “montagne”. Aggiungo che la stessa differenziazione emerge se allarghiamo lo sguardo all’Europa e persino al mondo, visto che esistono problemi comuni, pur con diversi gradi di sviluppo, che meritano una vera e propria Internazionale dei montanari. Pensavo l’altro giorno agli esordi alla Camera ormai tanti anni fa e all’idea di occuparmi non solo delle montagne valdostane, ma della politica nazionale per la montagna. Creammo al tempo con altri colleghi una “force de frappe” notevole, che operava sulla legge Finanziaria su temi specifici e su settori cruciali. Le leggi quadro su guide alpine e maestri di sci ancora in vigore - solo per fare un esempio - furono frutto di un lavoro mio e di pochi altri. Nel 1994 venne approvata la legge sulla montagna ancora in vigore, rimasta purtroppo lettera morta nella parte applicativa e questo lo si deve alla palude della burocrazia (e di certa politica), che a Roma boicotta le leggi di iniziativa parlamentare. Studiammo come Valle d’Aosta una proposta innovativa e alcune idee figurano nella nuova legge che dovrebbe approdare a breve in Parlamento, cui ho contribuito nel corso di recenti riunioni nel mio ruolo di dialogo con il Governo per tutte le Regioni e Province autonome, di cui vanno rispettati poteri e competenze. Mesi fa ne discutemmo, come dicevo, ad Aosta. Con una constatazione già sperimentata: è facile sulla montagna raggiungere intese bipartisan se ci si mette buonsenso e passione. Ci possono essere differenze, tuttavia mai irrisolvibili. Intanto, per essere concreti e non limitarci - come altri fanno - a comunicati stampa e a convegnistica che lasciano il tempo che trovano per chi si esibisce, abbiamo come Valle d’Aosta e a beneficio di tutti rilanciato uno studio del 2007 sui sovraccosti nei diversi servizi in montagna (scuola, trasporti, energia, scuola…) per far capire che avere soldi e competenze non è un privilegio, ma una necessità dovuta anche alla necessaria reazione ai rischi derivanti dal cambiamento climatico sulle montagne e per contrastare il calo demografico che pesa sempre di più. Un lavoro che va fatto anche in chiave europea, ricordando che va concretizzato l’articolo l’art. 174 dei Trattati che evoca - e fu una bella battaglia quando ero a Bruxelles- la particolarità dei territori montani, con una direttiva che aiuti ad avere una classificazione seria per evitare all’italiana di avere montagna dove la montagna non c’è. Vecchia storia tristissima… Ci sono poi temi ineludibili ed è il caso di limitare l’espansione sulle Alpi di lupi ed orsi, che vanno protetti ma senza che il sovrannumero impedisca attività tradizionali come l’allevamento e minaccino popolazioni locali e turisti. Al centro deve restare il ruolo dei montanari contro le tentazioni “colonialistiche” di chi vorrebbe dirci cosa fare dei nostri territori, come se fossimo dei minus habentes. Per questo riflettiamo sull’eredità della Dichiarazione di Chivasso in occasione dei suoi 90 anni, facendo un documento che - nel ricordo di quelle radici - si adegui ai tempi che viviamo e a nuove sfide.