“Convoco, signo, noto, compello, concino, ploro: arma, dies, horas, fulgura, festa, rogos. Io raduno, segno, noto, stimolo, canto, compiango: le guerre, i giorni, le ore, i temporali, le feste, gli incendi. (Iscrizione su una campana)”
Leggo questa storia delle campane di Fontainemore, paese di montagna e, comunque la si giri, mi colpisce ma non mi stupisce. Mi sembra significativa dell’aria dei tempi in cui in molti casi si sfalda l’aspetta comunitario, che è fatto di tradizioni del passato. Fra queste figura il tempo scandito dai campanili, di cui siamo eredi e a nostra volta dovremmo trasferire la profonda ragione culturale e non solo di fede a chi verrà. Ha scritto il monaco Enzo Bianchi: “Povere campane: da linguaggio comune, da strumento di comunicazione eccezionale, da «difensori civici», quando non sono scomparse del tutto o ridotte al silenzio, vengono trascinate sul banco degli imputati per inquinamento acustico!”. Riassumo in questo filone quest’ultima storia che colpisce ed è avvenuta, come dicevo in premessa, nel paese della Valle del Lys. Dapprima c’è stato un divieto allo scampanio notturno delle campane della chiesa parrocchiale, ottenuto dalle autorità ecclesiastiche in risposta alle richieste di un recente residente che lamentava di essere disturbato dal loro ripetuto suono, che gli impediva di dormire. Ora - se ho ben capito - la stessa persona vorrebbe limitarne all’essenziale l’uso anche di giorno per via dei suoi turni di lavoro, che prevedono anche un suo eventuale sonno diurno. Insomma: campane à la carte, come desidera il signore. Certo il suo diritto a dormire va contemperato con il radicamento delle campane nella coscienza popolare, ma ci vorrebbe modus in rebus e non la richiesta così reiterata di silenziare... Par di capire, tuttavia, che si tratti di una posizione solitaria, dimostratasi comunque efficace sino ad ora e la battaglia forse diventerà persino giudiziaria. Spiace che questo avvenga e trovo che sia un errore ogni demonizzazione (scusate il gioco di parole) di quelle campane, che suonano non solo nel Capoluogo, ma nelle diverse frazioni di Fontainemore dotate di quelle cappelle di frazione che sono il segno di una ramificata devozione popolare Ricorda in un suo libro sul Medioevo Johan Huizinga: “C’era un suono che riusciva sempre a sovrastare tutto il fragore dell’esistenza affaccendata e che, per quanto disordinato e tuttavia mai confuso, sollevava temporaneamente ogni cosa in una atmosfera di ordine: il suono delle campane. Le campane erano nella vita di tutti i giorni come spiriti benigni ammonitori che, con voce familiare, annunciavano ora lutto, ora gioia, ora riposo, ora ansia, ora chiamavano a raccolta, ora esortavano”. Vale la pena di ricordare - lo fa il sito turistico della Regione Valle d’Aosta- di come la parrocchia attuale sorga laddove ci fu una prima chiesa, da cui potrebbe persino derivare il toponimo che dà il nome al Comune: Fontainemore: “La tradizione dice che nel 543 il monaco San Mauro, attraversando il colle della Barma, giunse da Oropa in un minuscolo paese della Valle del Lys. Qui si mise a pregare nella piccola piazza, da dove sgorgò una vena d’acqua. Egli esortò la popolazione a edificare una cappella in onore di Sant’Antonio Eremita, cosa che avvenne infatti nel VII secolo. E’ così che fu dato al paese il nome di “Fontaine Maur” Fontainemore, per ricordare il Santo e la fonte”. Che chiunque si trovi ad abitare in questo paese lo sappia e sopporti le campane per il loro significato che va al di là del semplice suono.