C’è qualcosa di terribile nella capacità del sistema ormai vastissimo dei media di passare da una tragedia ad un’altra con la stessa sveltezza con cui i trapezisti passano svolazzando da una barra metallica ad un’altra. Oggi - e certo ne si capisce bene la ragione - tutto si concentra nelle informazioni, per altro difficili da dare nella delicatezza degli equilibri fra vero e falso che fanno parte della logica bellica, su quanto sta accadendo fra Israele e Gaza. Certo non solo in quel lembo di terra, ma più in generale in un’area geografica, il Medio Oriente, che è una polveriera che incide su equilibri globali. La stessa Europa trema perché gli islamisti sono radicati anche sul Vecchio Continente e bisogna prepararsi purtroppo ad una recrudescenza di atti terroristici e affrontare anche il tema di certe tendenze giustificatorie dimostratesi virulente nel caso di Hamas non solo nel seno dell’immigrazione araba, ma anche in parti della politica e della cosiddetta società civile, che purtroppo sa dimostrarsi incivile. Ma questa sovraesposizione vera e propria, resa tale da un continuo susseguirsi di notizie, di immagini e di commenti, ha oscurato quasi del tutto l’altra guerra, quella davvero vicina a noi, fra Russia che ha invaso e Ucraina che si difende a denti stretti. Anche in questo caso, per lungo tempo, in maniera parossistica, siamo stati letteralmente colpiti da un susseguirsi di notizie nel terribile linguaggio bellico. Ora, però, dell’Ucraina si parla poco e si rischia di passare da un eccesso ad un giornalismo che ha messo la sordina e questo lo ritengo profondamente ingiusto. Lo è perché quanto sta accadendo non cambia di una virgola la posta in gioco: le mire espansionistiche della Russia, la deriva più che autoritaria di Putin, le complicità che si manifestano nel cuore dell’Occidente sono il segno tangibile del fatto che non ci si può permettere di far cadere nell’ oblio quanto sta avvenendo. Chiunque abbia a cuore la democrazia e i valori europeisti non può per nulla permettersi dei distinguo rispetto alla posizione da tenere. Stiamo vivendo un autunno che anticipa un inverno che risulterà decisivo e se il fronte di appoggio agli ucraini verrà scalfito potrebbero essere guai seri per l’Europa in primis e per le democrazie occidentali tutte. Già oggi - lo scrivo con enorme dispiacere - ci troviamo di fronte ad una democrazia che nel mondo, dati alla mano, diminuisce il proprio peso a vantaggio di regimi che vanno dall’autoritarismo alla dittatura. Un fenomeno che vediamo in corso anche in alcuni Paesi dell’Unione europea - pensiamo a Ungheria e Slovacchia - e anche nelle democrazie più vecchie lo scollamento verso certi principi cardine preoccupa e la Storia insegna (e gli anni Venti del secolo passato ammoniscono, pur con scenari differenti) che il peggio può sempre arrivare con una velocità inimmaginabile. Per questo l’Ucraina, con questo esercito popolare e di leva, finisce per essere il nostro esercito, che combatte palmo a palmo una guerra violenta e senza sbocchi apparenti con diplomazie impotenti e un diritto internazionale sempre più incapace di reggere le sorti dell’umanità. Una debolezza terribile. A ragionare più a fondo basta un pezzo di intervista dell’Express a Olena Zelenska, moglie del Presidente ucraino: “Il est primordial de ne pas laisser l’attention du monde se détourner de l’Ukraine. Nous constatons déjà que l’aide militaire en direction de notre pays arrive trop lentement pour permettre un changement positif sur la ligne de front. Cette aide est trop lente, trop tranquille. On dirait que l’Europe reste placide et ne semble pas trop effrayée par la perspective du rapprochement des frontières russes dans sa direction. Cette perspective est pourtant bien réelle ! Réfléchissons à ce qui se passerait si l’Ukraine n’avait pas tenu”.