Anche quest’anno mi avevano chiesto di parlare per il 25 aprile, ma sono via. Non so con esattezza quante volte sia intervenuto in questa data e l’ho sempre fatto con piacere, credendo nel significato di questa data in questa giornata simbolo della Liberazione, che ha radici particolari e forti in Valle d’Aosta.
Ho sempre cercato di farlo in modo asciutto, senza svolazzi retorici che non sopporto. I più bei discorsi li ho fatti quando molti partigiani erano ancora in vita e la festa aveva con la loro presenza un respiro pluralista, perché la Resistenza aveva tante anime e non capita come oggi che c’è chi si vuol accaparrarne l’eredità in modo esclusivo.
Lo ha scritto bene il mio quasi coetaneo Antonio Polito, campano di nascita, su Sette: ”Ci risiamo. Arriva il 25 Aprile. Quand'ero ragazzo, con mio dispiacere di giovane militante di sinistra, non se lo filava più nessuno. Qualche stanca celebrazione con una banda militare e i labari degli ex partigiani. Poi, grazie alla destra che ha cominciato a vincere le elezioni nel 1994 e non ha smesso più, rieccolo. Pimpante e tonico come si deve a una data storica, liberatoria oserei dire. Vuoi mettere del resto liberare l'Italia dal "fascismo" di oggi, incarnato di volta in volta da Berlusconi, Salvini o Meloni, piuttosto che da quello vero di ormai 78 anni fa? È di gran lunga più eccitante (e anche meno pericoloso)”.
Ho avuto la fortuna di partecipare a celebrazioni con partigiani ancora pimpanti e con pranzi a seguire con vivace aneddotica, che per altro aveva in casa alcuni filoni familiari.
Polito aggiunge: ”Il revival del 25 Aprile, in ogni caso benedetto perché si tratta davvero della giornata fondativa della Repubblica (il 2 Giugno che celebriamo come sua data di nascita è del 1946, arrivò un anno dopo la Liberazione), porta però regolarmente con sé le goffe baruffe tra quelli che pensano che ai cortei non ci dovrebbe andare nessuno perché il fascismo non c'è più, e quelli che pensano di aver diritto di andarci solo loro perché tutti gli altri son fascisti. Una scaramuccia polemica particolarmente sgradevole perché imita sotto forma di farsa la tragedia di una guerra civile vera, fatta di morti, sangue, dolore e lacrime. Per di più strumentalizzata per proiet-tarne il valore simbolico sui conflitti di oggi. Per esempio: ci si aspetterebbe, se si volesse rivivere lo spirito della nostra lotta di Liberazione dagli occupanti tedeschi, manifestazioni di sostegno agli ucraini che lottano per liberarsi dagli occupanti russi. Invece niente: pare che gli invasori da punire siano gli ucraini. Oppure ci si aspetterebbe da chi giustamente chiede il cessate-il-fuoco di Israele a Gaza che, liberazione per liberazione, aggiungesse nei suoi proclami anche quella degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas”.
Troppe ambiguità e troppi silenzi, purtroppo, anche dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, l’ANPI, spostatasi ormai nell’area dell’estrema sinistra con una vera e propria occupazione di spazi.
Claudio Cerasa su Il Foglio ricorda una splendida sintesi, come promemoria anche per gli antiamericani, pronunciata dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Il 25 aprile rappresenta la data fondativa della nostra democrazia. Una data in cui il popolo e le Forze alleate liberarono la nostra Patria dal giogo imposto dal nazifascismo. Un popolo in armi per affermare il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista. La libertà non è mai acquisita una volta per sempre e, per essa, occorre sapersi impegnare senza riserve”.
Lo stesso Direttore aggiunge qualcosa agli smemorati sui nemici di oggi per chi abbia una cognizione anche minima della geopolitica: “Da un lato, lo avrete capito, vi è il regime putiniano. Dall’altro, lo avrete intuito, vi è l’internazionale dell’estremismo islamista. Essere contro il regime putiniano significa essere a favore della difesa dell’ucraina, essere a favore dell’invio delle armi a Zelensky, essere a favore dei finanziamenti delle democrazie libere a una democrazia aggredita. Essere contro l’internazionale dell’estremismo islamista significa essere dalla parte di chi cerca di contenere l’iran, dalla parte di chi cerca di arginare il terrorismo jihadista, dalla parte di cerca di dimostrare che difendere lo stato ebraico significa difendere non i confini di Israele ma i confini della nostra libertà”.
Anche in occasione del 25 aprile è bene saper fare le giuste distinzioni, mentre c’è chi - nel celebrare la Resistenza - si infila in strade imbevute di ideologismo che portano lontano da capisaldi del pensiero occidentale.