Esiste una metafora, che si adopera periodicamente (oggi la si applica alla Cina che vuole riconquistare Taiwan in modo sornione), che risale, però, ad un esperimento scientifico realmente avvenuto e che ha una sua componente di crudeltà.
L’esperimento risale al lontano 1882 e si inquadra nello spirito tardo positivista che sul modello dell’Europa, Gran Bretagna e Francia soprattutto, avrebbe contrassegnato in modo determinante lo scientismo del Nuovo continente. Presso la John Hopkins University, a Baltimora, alcuni fisici lavorano sulla resistenza di un essere vivente al calore. Presa una rana, la mettono in una pentola di acqua fredda, sotto alla quale accendono una fiamma molto bassa. L’acqua all’inizio si stiepidisce appena, quanto all’inizio risulta gradita all’anfibio. Col passare dei minuti, però, la temperatura aumenta, ma la rana sembra essersi adattata e non ha reazioni. Ancora un po’ di tempo e quell’acqua diviene caldissima, ma la rana è sempre immobile. Così resterà, purtroppo per lei, sino a che gli scienziati non ne accerteranno la morte perché bollita. La prova non appare particolarmente significativa, se non per la ovvia constatazione che se fosse stata immersa quando l’acqua era già molto calda, poniamo a 50 o 60 gradi, la rana avrebbe certamente reagito, saltando fuori dalla pentola o almeno provandoci.
La rana bollita è diventata, partendo da quel vecchio episodio. una metafora elaborata dal filosofo e anarchico statunitense Noam Chomsky, oggi 95enne, per descrivere la tendenza all’inazione che caratterizza l’umanità nell’era contemporanea con qualche peggioramento - permettetemi di aggiungere - derivante da certi ipnotismi della società digitale.
Esiste, nella sua ricostruzione. la tendenza un po’ ebete degli individui ad accettare passivamente lo status quo, qualunque esso sia, anche se nocivo per la loro vita. Si tratta di una critica forte nei confronti della società, che sceglierebbe l’abitudine anche di fronte alle ingiustizie e alle diseguaglianze. In sostanza il principio della rana bollita ci dimostra -secondo Chomsky - che quando un cambiamento si effettua in maniera sufficientemente lenta, da diventare pertanto invisibile, sfugge alla coscienza e non suscita, per la maggior parte dell’umanità, nessuna reazione, spesso visibile oggi - questa è una mia opinione - nella fuga dall’impegno politico e a una distrazione rispetto ai rischi in corso per la democrazia. Interessante parlare di questa rana che finisce bollita rispetto ai rischi analoghi che possono colpire i valdostani, cotti politicamente a fuoco lento.
«La résignation est un suicide quotidien», diceva non a caso Honoré de Balzac. Ancora più esplicita Rita-Levi Montalcini: “Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella “zona grigia” in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva”.
Vale quel che temeva Emile Chanoux: «Les Valdôtains sont un peu trop tranquilles, même quand il s'agit de leurs intérêts les plus vitaux». E lui, negli anni bui del fascismo, di valdostani venduti ne aveva visti troppi e molti fra questi erano poi stati lesti a salire sul carro dell'antifascismo.
Oggi sono molti i valdostani distratti su certi temi politici e identitari che avevano scaldato non solo il dopoguerra ma molte altre stagioni, non rendendosi conto che l'autogoverno è un bene prezioso per tutti senza distinzione alcuna fra chi è originario della Valle e chi ci è venuto per lavoro o per altra scelta. Per cui bisogna dire di no dappertutto a questa strisciante arrendevolezza: si tratta di una necessità per spiegare quanto bisogna sapere, perché in Valle d'Aosta non si affermi, come profetizzava mio zio Séverin Caveri oltre mezzo secolo fa, la temuta "endroumia", cioè un atteggiamento soporifero del popolo valdostano, che sembra ora in effetti in una certa parte inconsapevole di quel che gli sta capitando con un’Autonomia speciale con nemici esterni e interni.
La réunification degli autonomisti, che è stata e forse speriamo non lo sia più nell’ultimo chilometro uno slalom fra piccole difficoltà e anche qualche dispetto o certe furberie, è un giusto antidoto, reso ancora più efficace per l’uscita dal mondo autonomista di chi c’era entrato senza vocazione per tatticismo o opportunismo.