All’inizio di questa legislatura regionale mi trovai di fronte al rompicapo Casinò de la Vallée. Esisteva, in quei primi mesi in cui mi trovai la responsabilità del dossier, il rischio incombente di un fallimento con conseguenze gravissime per una società peculiare (Saint-Vincent è una delle quattro Case da gioco italiane) così importante per la Valle d’Aosta.
Alla fine si riuscì, dopo vicissitudini in Tribunale, a chiudere il concordato, che mise in sicurezza la situazione, anche se – sin da allora – mi era chiaro come il meccanismo concordatario come concepito avesse dei difetti evidenti con esborsi finali notevoli per la società nella chiusura dei conti con i creditori.
Per altro, mi sento di aggiungere di aver seguito già ben prima con preoccupazioni rese pubbliche il progressivo degrado della situazione finanziaria del Casino, giunta poi - ma non era per me un fulmine a ciel sereno - sino alle estreme conseguenze che portarono infine alla procedura giudiziaria per un grumo di ragioni che non ho spazio per ricostruire. Aggiungo di aver avuto, nella gestione di questa fase delicata, il vantaggio di conoscere bene la storia della società.
Il caso vuole che fu mio zio Séverin Caveri nel 1947 a tirare fuori dal cassetto il provvedimento che ne consentì l’apertura e con questa scelta il denaro delle decadi derivanti dai giochi alimentò in particolare la prima fase dell’autonomia. Come cronista seguii poi, all’inizio degli anni Ottanta, quel “affaire Casinò”, che poi nel lungo iter giudiziario si sgonfiò, specie nelle responsabilità all’inizio gravissime che stroncarono la carriera politica del Presidente Mario Andrione. Da deputato vigilai, dandomi da fare nelle Commissioni, per evitare un’apertura indiscriminata di nuove Case da gioco e purtroppo mi trovai, in altri ruoli, ad assistere all’impazzimento del gioco d’azzardo sotto la regia dello Stato biscazziere in epoca successiva, che cambiò il ruolo della Casa da gioco, già colpita da una logica profonda di cambiamento della clientela da élitaria a popolare con le slot che hanno sostituito la parte prima preponderante dei giochi lavorati tradizionali. Da Presidente della Regione affrontai nel 2006, non senza preoccupazioni, l’acquisto del Billia e di tutte le pertinenze attorno al Casinò che avevano creato quanto si definiva all’epoca come “accerchiamento” delle proprietà regionali e in particolare dell’immobile che ancora oggi ospita i giochi.
La scelta nel 1993, per varie ragioni, di passare da una gestione privata in concessione, sin dagli esordi, con una gestione pubblica fu un passaggio significativo, foriero anche di guai. Un finanziamento significativo deciso dal Consiglio regionale per mettere in sicurezza il Casinò finì sotto il mirino della Corte dei Conti, avvelenando il clima per gli anni successivi con una vita difficile per molti eletti e rendendo assai delicato il ruolo di chi, come me, si trovò a gestire la crisi nel passaggio del concordato. Nell’aprile del 2022 il colpo di scena che rese ben diverso il clima, così riassunto da un dispaccio ANSA dell’epoca: “La Corte costituzionale ha annullato la sentenza con cui la Corte dei conti nel luglio 2021 ha condannato 18 consiglieri regionali della Valle d'Aosta, passati e attuali, a risarcire 16 milioni di euro nell'ambito dell'inchiesta sui fondi pubblici concessi al Casinò di Saint-Vincent tra il 2012 e il 2015, quando la casa da gioco era in grave crisi. Era stata la Regione autonoma a ricorrere per conflitto di attribuzione, con l'obiettivo di far valere l'articolo 24 dello Statuto speciale, secondo cui i consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere per i voti dati nell'esercizio delle proprie funzioni. Con la sentenza 350/2021 della Terza sezione centrale d'appello della Corte dei conti - che la Consulta ha annullato - erano stati condannati a risarcire il danno erariale anche gli ex presidenti della Regione Augusto Rollandin (2,4 milioni di euro), Pierluigi Marquis, Renzo Testolin e Antonio Fosson (586.666 euro ciascuno). Secondo i giudici costituzionali risulta "evidente che l'approvazione della delibera consiliare del 23 ottobre 2014" che contiene "la ricapitalizzazione" da 60 milioni di euro "della società a totale partecipazione pubblica che gestisce il Casinò di Saint-Vincent, pur dando vita a un atto formalmente amministrativo, costituisce, da parte dei consiglieri regionali, esercizio di una funzione riconducibile a valutazioni di ordine eminentemente politico-strategico, inerenti all'autonomia decisionale dell'organo politico della Regione Valle d'Aosta, in quanto tali esenti da responsabilità, in base all'art. 24 dello statuto". All'epoca della votazione della delibera consiliare "si pose la necessità di operare una scelta che presupponesse una valutazione di carattere politico fra fallimento e rilancio del Casinò". E' emerso in questo senso "il rilievo centrale e, per molti aspetti, strategico assegnato all'attività del Casinò di Saint-Vincent, fin dalla sua istituzione, strettamente connessa al riconoscimento del regime speciale di autonomia regionale. Verso questa peculiare società a partecipazione pubblica sono state indirizzate risorse, in ragione di una sua acquisita tipicità territoriale, cui si collega l'attrattiva turistica e con essa il sostegno all'economia".”.
Queste ultime osservazioni si rivelano di certo preziose e permettono di guardare al futuro, dando per assodato come, sotto la guida esperta dell’amministratore unico Rodolfo Buat, la casa da gioco abbia macinato ottimi risultati di bilancio, anche per una serie di positive ragioni concomitanti (compresi i sacrifici dei dipendenti dal punto di vista stipendiale), in vista della chiusura della procedura concordataria alla fine di quest’anno. Ma ora bisogna guardare al futuro e più di una volta ho detto la mia: trovare una soluzione per consentire una gestione privata del Casinò de la Vallée sotto il controllo pubblico, sapendo che la concessione per l’esercizio è saldamente nelle mani della Regione autonoma. Percorso non semplice ma ormai, a mio avviso, indispensabile nella logica di avere un Casinò che sappia affrontare i necessari cambiamenti per rispondere al mercato.