Chi abbia potuto vedere la serie televisiva su Silvio Berlusconi proposta da Netflix avrà potuto capire meglio la vita avventurosa di quest’uomo self-made man, come si dice in inglese. Vale a dire una persona che ha costruito con forza e passione (e i giusti e talvolta dubbi appoggi politici) un destino imprenditoriale che spezzò il monopolio televisivo e ascese poi a successi e insuccessi politici con tutte le note vicende giudiziarie e un triste declino umano sino alla morte.
. Appare chiaro anche al più grande estimatore del Cavaliere come la scelta di “scendere in campo” fu fatta per salvarsi dalle banche che avrebbero sancito il fallimento del suo gruppo. Ma gli italiani credettero nell’uomo della Provvidenza (oggi lo fanno con una donna…) e così il Berlusca stravinse grazie ad una campagna elettorale importante e anche attraverso l’uso spregiudicato - lo si vede dalla già citata serie tv - delle sue televisioni che martellarono gli italiani in modo ipnotico.
Devo dire per onestà che il mondo autonomista nelle elezioni politiche del 1987 e del 1992, quando io stesso venni candidato come deputato, seppe sfruttare il sistema radiotelevisivo locale con abilità e fu una componente utile, probabilmente non decisiva, per sconfiggere coalizioni nate in quegli anni per isolare l’Union Valdôtaine. Quella era una mia capacità di uso dei media, essendo nato in quel mondo effervescente delle radio e televisioni private (noi pensavamo libere…).
Il “caso Berlusconi”, monopolista delle private e all’assalto di pezzi di editoria, portò a grottesche scelte di limiti in periodo elettorale note come “par condicio” (diffidare quando si adopera il latinorum).
Si tratta di una serie di norme che dovrebbero rendere equi gli spazi di comunicazione politica: regole ridicole che in Valle d’Aosta- basta comparare con quanto avviene altrove - sembrano essere ancora più severe. Certo è che le “gabbie” imposte creano situazioni ormai risibili, come il fatto che io non possa di fatto comunicare quanto faccio in questo periodo, perché “vietato” nel mio ruolo di assessore con scomparsa nei comunicati stampa della Regione del mio nome e cognome (in pubblico forse dovrei indossare un passamontagna) e mai e poi mai può comparire mio volto in fotografia! Regolamentazione che è più lassa per i Social.
Intanto i leader nazionali di fatto si comportano come vogliono. Quindi i “piccoli”, in barba al l’eguaglianza, spariscono e questo vale per forze autonomiste come quelle valdostane.
Ha ragione Pierluigi Battista su Huffpost: “La par condicio è il frutto di una mentalità iper-regolatrice e burocratica che poteva avere un senso quando uno dei contendenti politici era anche il proprietario di tre reti televisive, ma che oggi è la reliquia di un mondo che non esiste più. È l’illusione da incubo di un politica ingabbiata da maniaci del minutaggio. È la paranoia di chi crede che basti qualche secondo di presenza in più sugli schermi per determinare il risultato delle elezioni. È il prodotto malsano di un tic pedagogico che non si si fida dei cittadini elettori, che ne fa una massa informe di beoti eterodiretti che credono ai messaggi subliminali della politica come se fossero prigionieri della persuasione occulta della pubblicità”. nsomma, un branco di cretini!
Ancora l’articolo: “È un’ossessione coltivata e alimentata da una schiera di addetti al controllo dell’orologio che finalmente possono dispiegare impunemente il loro delirio di onnipotenza: cancella lì, lima qui, taglia, smorza, silenzia, fai della campagna elettorale una questione di timbri e di autorizzazioni. E non importa che anche nella Seconda Repubblica il feticcio della par condicio venisse sistematicamente violato, a destra attraverso le tv di Berlusconi, a sinistra tramite il coriaceo partito Rai. L’effetto di mortificazione resta sempre lo stesso. Una campagna elettorale che dovrebbe essere una festa democratica e che invece viene umiliata, sminuzzata, neutralizzata. Il confronto Meloni-Schlein poteva addirittura essere interessante? Macché, vade retro Satana, questo incontro non s’ha da fare, meglio il silenzio”.
Una vergogna all’italiana, peggiorata dai puristi delle norme censorie, che diventano improvvisamente importanti e godono nel far tacere i politici, scimiottando i regimi autoritari dove il silenzio è d’oro.