Un tic linguistico, vale a dire un modo di dire ripetitivo che si imprime nel linguaggio di una certa generazione, potrebbe valere sul tema saper perdere, così in voga in epoca olimpica fra esaltazioni e delusioni.
"Bisogna saper perdere. Bisogna saper perdere, Non sempre si può vincere”: così in una canzone del 1967 (avevo 8 anni!) dei The Rokes con voce del camaleontico Shel Shapiro.
Poi ad ogni Olimpiade spuntava la frase: ”L'importante è partecipare" attribuita al Barone Pierre De Coubertin. La sua prima proposta di far rivivere gli antichi Giochi Olimpici arrivò nel 1892, quando suggerì che avrebbero contribuito a portare pace e unità: “Esportiamo i nostri schermitori, i nostri corridori, i nostri rematori in altre terre, perché in questo sta il libero commercio del futuro, e il giorno in cui lo faremo, la questione della Pace avrà trovato un alleato forte e vitale.” Nel 1894, contribuì a tenere il primo Congresso Olimpico e la prima sessione del CIO, che videro l’assegnazione dei Giochi Olimpici moderni inaugurali ad Atene, in Grecia. In realta' la frase “L’importante è partecipare” venne stata pronunciata per la prima volta a Londra dal vescovo anglicano Ethelbert Talbot nella Cattedrale di Saint Paul in onore ai partecipanti ai Giochi Olimpici del 1908.
De Coubertin ha rettificato successivamente questa affermazione dicendo: “L’importante nella vita non è vincere ma partecipare con uno spirito vincente, l’importante non è trionfare ma combattere, non è importante aver vinto, ma aver provato a vincere e essersi ben battuti”.
Ha scritto ieri su La Stampa Vito Mancuso: ”Io penso che la vittoria abbia un effettivo valore, non a caso dagli antichi era considerata una dea, chiamata Nike dai greci e Victoria dai latini. Esiste cioè un obiettivo valore dell'impresa compiuta, sia essa a livello sportivo o scientifico o di altro tipo, un valore che ha molto a che fare con il senso del lavoro umano e con la sua capacità di produrre ec-cellenza. È sempre fonte di grande gioia vedere come un essere umano riesca a eccellere, o in un determinato sport, o nella musica, o nel teatro. altrove, non si può non sentire un senso di ammirazione e di gratitudine per coloro che ci fanno vivere grandi emozioni tramite il loro lavoro e il loro talento”.
Per aggiungere, però: “Penso altresì che abbia un effettivo valore anche la sconfitta, non tanto però in quanto semplice sconfitta (che rimane sempre cosa da non augurare a nessuno, quindi ovviamente neppure a noi stessi), ma piuttosto per un duplice motivo, uno più pratico e uno più profondo. Il motivo più pratico consiste nel fatto che le sconfitte sono sempre, se saggiamente assimilate, grandissime lezioni. Spesso si impara più da una sconfitta che da dieci vittorie”.
Ognuno ha le proprie esperienze e nel caso mio vale per le due attività cardine della mia vita: il giornalismo e la politica. Sono stato mediamente fortunato, facendo belle esperienze in entrambi i campi, anche se la seconda attività ha occupato più tempo.
Quando ho avuto delle sconfitte, mi sono servite come una molla per risalire e ripartire. Certo è meglio sempre vincere. Ma vale la frase di Francis Scott Fitzgerald: “Mai confondere una singola sconfitta con una sconfitta definitiva”.
Ma Mancuso segnala come la vera vittoria, magari frutto della sconfitta, è il conoscere negli sé stessi: “Si legge nel Dhammapada, testo sacro buddhista tra i più amati: «C'è chi da solo sa sconfiggere centinaia e centinaia di avversari; ma il più sublime degli eroi è colui che sa vincere sestesso». E ancora: «La vittoria su se stessi è la massima vittoria, ha molto più valore che soggiogare gli altri». L'af-termano unanimi tutte le grandi spiritualità mondiali. Così Platone: «La vittoria che uno riporta su se stesso è la prima e più nobile vittoria». Così Seneca: «Il dominio di se stessi è il più grande dominio». Così la Bibbia in Proverbi 16,32: «Chi domina se stesso vale più di chi conquista una città». Ecco la medaglia d'oro per conquistare la quale ognuno di noi è venuto al mondo".