Non bisogna fare delle sensazioni personali qualcosa di assoluto, altrimenti si prendono degli abbagli. Soprattutto se si rischia la presunzione di leggere il mondo e i comportamenti altrui con la lente deformante delle proprie esperienze passate.
La lagna rischia di essere ridicola. Raggiunta una certa età si può, infatti, diventare in un secondo anacronistici nel guardare con sufficienza ai giovani, ai loro gusti e ai loro comportamenti.
Non è roba nuova. Certi fossati ci sono sempre stati fra chi legittimamente guarda indietro e chi, per motivi di età, è proiettato in avanti con il proprio modo di essere. Tuttavia, nel rilevare con i propri parametri accumulati nel tempo quel che che avviene oggi rispetto a quanto avveniva alla stessa età nel passato non si compie un’azione illegittima, specie se si tenta di costruire un legame affinché almeno ci si capisca reciprocamente.
Preambolo che serve per due cose, una di tipo generale e una più specifica e vanno prese come impressioni soggettiva, ma che sono largamente condivise con altri e oggetto anche di pensosi saggi, che sono ben più fondati di queste mie righe. La prima constatazione nell’osservare il mondo giovanile fra esperienza familiari e contatti nella vita quotidiana è il colpo gobbo sulla esistenza dei giovanissimi dell’invadenza del mondo Web su di loro. L’ho scritto e lo ripeto non avendo per altro soluzioni se non la persuasione morale più che proibizioni. La socialità rischia grosso se si vive immersi (e questo male colpisce anche noi adulti che facciamo la morale!) nel proprio telefonino e sembrano venir meno quegli esercizi che sin dalla più tenera età servono a conoscere gli altri e a vivere assieme. Se si è chini e ipnotizzati in un mondo parallelo digitale e quasi metafisico, allora si spezza quel legame che ci fa crescere nella realtà.
La seconda constatazione è che - lo dico osservando e dunque potrebbe essere una constatazione fuggevole - questo, oltre a generare solitudini e rendere difficile la conoscenza di meccanismi di vita vissuta in carne ed ossa, cambia molti comportamenti. Cosi gli amori in particolare fra adolescenti avvengono troppo in maniera remota e mancano quegli aspetti fondamentali di un’educazione sentimentale che non era fissità di coppia, ma un approccio goffo di rapporti affettivi, spesso caotici e talvolta dolorosi che ci accompagnavano nella crescita con genitori che assistevano senza impicciarsi troppo. Oggi, invece, siamo troppo protettivi e aperti ad una sorta di cameratismo che cancella ruoli tradizionali fra genitori e figli.
Può essere che sia anche questa mia una lamentazione inesatta ed eravamo noi - con la logica delle compagnie e degli amorazzi - sbagliati e immaturi, mentre i nuovi arrivati vivono in dimensioni digitali che forse noi non capiamo e in una logica di coppia che non è prematura ma segno viceversa di maturità.
Lo scrivo ma sinceramente non ne sono molto convinto. Certo conosco bene l’ammonimento intelligente di George Orwell: “Ogni generazione pensa di essere più intelligente di quella che l’ha preceduta, e più saggia di quella che verrà dopo di lei”.
E questa appare come una specie di catena senza fine. Ma le mie preoccupazioni almeno sono sincere e derivano dalla paura che certe cose belle che complessivamente abbiamo vissuto non ci possano più essere e perciò mi sento più protettivo che aggressivo.