Sono stati anni difficili per chi credeva nella necessità che gli autonomisti valdostani si ritrovassero tutti assieme, dopo anni di divisioni.
Essendo fra coloro che se n’erano andati, non si trattava di abiurare alle scelte che avevo a suo tempo assunto, ma di rendersi conto dell’importanza di rimettersi insieme. Solo cosi si conta di più e mettere una pietra sul passato, ormai storicizzato, era la scelta giusta e coraggiosa.
Come diceva Goethe: “È necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme”.
La difficoltà, come sempre in politica, era trovare i momenti giusti per avanzare nel processo, avendo consapevolezza dei diversi punti di vista e delle ferite degli uni e degli altri.
Ci sono stati attimi in cui mi sembrava che ci si allontanasse troppo e altri in cui l’accelerazione creava la speranza di fare in fretta. Ora c’è stato l’approdo e ne scrivo ulteriormente a mente fredda per evitare rischi retorici e soprattutto per riflettere sul fatto che siamo al punto di partenza e non di arrivo, perché resta molto da fare per la grande maggioranza che ci ha creduto.
Non tutti hanno aderito e c’è pure chi ha fatto qualche ostruzionismo per evitare quanto per fortuna, invece, avvenuto. Non bisogna portare rancore, perché serve a poco e crea inutili malesseri, ma questo non vuol dire affatto non avere memoria dei fatti, specie quando parlano da soli e non c’è bisogno di nessuna malizia interpretativa. Fa sorridere anche chi parla di autonomisti di destra, di centro e di sinistra: una logica più divisiva di questa è difficile persino immaginarla!
Di fronte ed una sinistra più radicale e alla destra più estrema arrembanti perché sentono il profumo del successo elettorale alle prossime elezioni regionali che ci saranno fra un annetto, penso che il senso di squadra del mondo autonomista ritrovatosi sotto lo storico leone unionista sia in tutto e per tutto la giusta chiave di lettura.
Non è il caso di farsi prendere dalle ansie e vanno semmai cavalcati in modo efficace i temi che corrispondono ai bisogni della comunità valdostana. Chi lavora, come me attualmente, in seno al Governo regionale rischia nel parlare delle azioni da svolgere di essere considerato come l’oste che dice
sempre che il suo vino è buono e lo fa per ovvie ragioni. Credo che si debba fare di più che una semplice e legittima difesa dell’esistente. E questo vuol dire approfittare del processo di riunificazione per stare all’ascolto e comprendere a fondo i mutamenti in corso nella nostra società e l’insieme di attese che la popolazione ha per il futuro della Valle d’Aosta. Politichese, dirà qualcuno. No, serietà di approccio. Se l’autonomismo venisse vissuto come una logica conservativa o conservatrice sarebbe una progettualità sbagliata. Oggi le cose corrono più che nel passato e bisogna sapersi adeguare ai cambiamenti, affrontandoli a viso aperto e senza presunzioni e neppure schemi mentali ormai inapplicabili al presente e al futuro.
Lo scrivo per le esperienze che ho avuto e credo che la saggezza sia, quanto osservato da Milan Kundera: ”La stupidità deriva dall’avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall’avere, per ogni cosa, una domanda”.
Ci avviciniamo all’anniversario - 80 anni! - dalla nascita dell’Union Valdôtaine. Il 13 settembre 2025. Temo che la concomitanza con la campagna elettorale che verrà rischi di attenuare quelle celebrazioni e dunque è bene, al di là della data in sé, approfittare della circostanza per chiedere ai valdostani: pensate veramente che l’autonomia sarebbe nata e si sarebbe mantenuta senza l’UV?
Pensate veramente che l’invasione dei partiti nazionali, con leader che o non vengono da noi o arrivano nella logica “mordi e fuggi”, sia una garanzia per l’avvenire?
Come opera su di noi e soprattutto sui giovani la globalizzazione digitale che incide su gusti e tendenze e come può essere applicato a difesa di valori identitari in progress? Il desiderio di autogoverno è un tratto distintivo della Valle d’Aosta in tutte le epoche e si basa oggi come nel passato sulla solidità delle Istituzioni e i tempi cupi della nostra storia patria corrispondono alla debolezza del popolo valdostano in primis.
Questo bisogna far capire: il mix fra valori ideali e la capacità di risolvere i problemi concreti. Non ci sono chissà quali magie o illusionismi possibili da proporre e soprattutto che non ci sia l’esaltazione di chi viene da fuori a dirci che cosa fare con la gioia di certi valvassini locali.