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19 ott 2024

Occhio al tempo

di Luciano Caveri

Quando un uomo siede vicino ad una ragazza carina per un’ora, sembra che sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa accesa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora. Questa è la relatività. (Albert Einstein)

Questa è una citazione notissima e facilmente utilizzabile, perché il grande fisico - di cui ho letto i pensieri, pur non sempre capendo le sue formule - aveva la capacità e il candore di dire le cose con una straordinaria umanità.

Questa cosa del tempo, specie quelli che passa, diventa un rovello, quando si invecchia ed è facile capirne le ragioni. Ha scritto Daniel Pennac:”Il tempo... non sapevo che avrei dovuto invecchiare per avere una percezione logaritmica del suo scorrere”.

So bene che questa storia del tempo della vita è davvero esempio mirabile della già evocata relatività. Nessuno sa quale sia il proprio orizzonte e di questo si inizia ad avere consapevolezza piano piano durante la crescita.

Ognuno ha la propria nozione del tempo nel corso della propria esistenza. A me piace molto, come speranza, quel che scriveva Hermann Hesse: ”Noi pretendiamo che la vita debba avere un senso: ma la vita ha precisamente il senso che noi stessi siamo disposti ad attribuirle”.

Ci penso spesso anche rispetto ai tempi che mi sono stati propri nel corso dell’attività politica, che è stata alla fine la mia attività prevalente. E ci pensavo nel corso di una recente maratona in Consiglio regionale nel discutere problemi prevalentemente trattati già mille volte e dunque triti e ritriti, ma riproposti in un’ottantina di ordini del giorno dell’opposizione.

Cosa personalmente penso dell’utilizzo di questo strumento, che ben conosco per i miei trascorsi in diverse assemblee, è riassunto in un X sintetico che qui riporto: “In Parlamento si scherzava su di un detto di epoca sabauda, che suona più o meno così: un ordine del giorno, la croce di cavaliere e un mezzo sigaro toscano non si nega a nessuno…”.

Un esempio mirabile di una democrazia parlamentare che non sincronizza l’orologio con i tempi della società che pure esprime gli eletti. Esiste nella lunghezza dei discorsi e nella loro ripetitività un meraviglioso esempio di come il tempo debba essere misurato su parametri nuovi.

Già al Parlamento europeo, ma anche più di recente al Comitato delle Regioni, i dibattiti sono ritmati in un pugno di minuti, spedire in aula, mentre i tempi di preparazione nelle Commissioni sono ben più lunghi e meditati.

Avevo imparato questa logica della sintesi quando ero giornalista radiofonico e, specie nel lavorare con il Direttore del Gr2 Gustavo Selva (che divenne poi deputato), per servizi di attualità da Aosta mi trovavo a disposizione solo 40” per raccontare la notizia ed era un ottimo esercizio di sintesi, che obbligava a sfrondare i testi da qualunque cosa inutile.

Ascoltavo dal vivo, giorni fa, il discorso sulla Francofonia di Emmanuel Macron, che sarà durato 45 minuti e già al quarto d’ora la soglia di attenzione era crollata, malgrado le sue evidenti capacità oratorie. Sensazione che ho avuto molte altre volte: il tempo dei lunghi discorsi che creavano una grande empatia fra oratore e pubblico sono finiti.

Ma questo vale per confronti, dibattiti, seminari e qualunque altra manifestazione di incontro e in primis per la politica. Bisogna rendersi conto di quanto sta cambiando in profondità, evitando il rischio di dolersene.

Da parlare a straparlare il passo è sempre più breve.