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18 nov 2024

Il crollo dei giornali

di Luciano Caveri

A casa mia sono cresciuto con la costante presenza dei quotidiani. Dapprima era La Stampa, quando era il giornale geografico di riferimento, che venne affiancato da La Repubblica. Ogni tanto compariva la Gazzetta del Popolo, che è stato il primo giornale in Valle d’Aosta con pagine locali.

Sono nato e cresciuto come giornalista radiotelevisivo, eppure qualche sortita sul cartaceo l’ho avuta. Il primo giornale cui chiesi di collaborare fu La Sentinella del Canavese, quando facevo il Liceo. Scrissi agli esordi qualcosa per il giornale della Curia, il Corriere della Valle. Qualche articoletto più avanti lo inviai dalla Valle d’Aosta per il Corriere della Sera, quando non c’era il titolare della collaborazione. Sono stato direttore del Reveil Social, giornale cartaceo del sindacato valdostanoSAVT. Sono stato Vice (ma firmai dei praticantati), scrivendo molto, per il Peuple Valdôtain, testata settimanale dell’Union Valdôtaine, poi scomparsa (ma tornerà sotto nuove vesti!).

Per tanti anni ebbi una rubrica anche per il settimanale La Vallée e addirittura fui fra i fondatori di un settimanale locale, che durò per poco tempo, tant’è che non ricordo neppure come si chiamasse!

Quando ottenni i primi stipendi, era forte la gioia, specie in vacanza, di fare il pieno di giornali in edicola. Oggi assisto all’agonia della carta stampata. Leggevo su StartMagazine quanto segue: “Le tendenze somigliano a quelle dei mesi passati, e la perdita annuale media delle prime dieci testate è sempre del 10,2%: la si può usare grossolanamente per valutare i risultati di ciascuna relativamente alle altre (più in generale, ricordiamo che naturalmente un declino annuo del 10% è una grossa crisi, ma una crisi nota e longeva).

In questo senso il Corriere della Sera continua ad andare meglio di tutti tra le testate maggiori (da solo vende più copie dei due quotidiani GEDI insieme, Stampa e Repubblica), assieme al Sole 24 Ore, e Repubblica è tornata a un calo più drastico dopo un mese di limitato sollievo, scendendo sotto le 90mila copie per la seconda volta quest’anno.

Continuano ad andare male i quotidiani del gruppo Riffeser (Nazione e Resto del Carlino: il terzo, il Giorno, perde anche lui il 13%), mentre ricordiamo che è ingannevole il grande calo annuo del Fatto e lo sarà fino a fine anno, per via di una variazione del prezzo di copertina che ha escluso da questo conteggio – perché a prezzo troppo scontato – una quota degli abbonamenti digitali. Nel frattempo il Gazzettino di Venezia ha superato la Nazione di Firenze.

Tra i quotidiani che sostengono vivacemente l’attuale maggioranza di governo anche il Giornale aggiunge i propri ai grossi cali di Verità e Libero (la Verità ha perso un terzo delle copie in due anni).

Nel loro piccolo, tra i quotidiani nazionali continua ad andare bene il Manifesto e continua ad andare male ItaliaOggi”.

Interessante sul tema - fonte Professione Reporter - quanto dice chi ho ben conosciuto come funzionario della Camera: “Il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), Giacomo Lasorella, ha detto chiaro ciò che tutti temono, durante la sua audizione alla Commissione Cultura: “Nel 1990 si vendevano 6,8 milioni di copie di quotidiani, copie che sono diventate 4 milioni nel 2003 e 2 milioni nel 2013. Dal ’90 a oggi, ogni 10 anni le copie vendute si sono dimezzate. Se questo trend continua, mentre nel ‘90 il giornale era un oggetto presente in un terzo delle famiglie, sarà un oggetto che tra dieci anni entrerà nell’1,5% dei nuclei familiari del Paese”.

Il Presidente ha evidenziato che i ricavi dalla vendita di copie cartacee sono crollati del 25,5% dal 2019, registrando una riduzione complessiva del 43,6% rispetto al 2013. Anche le copie digitali non risollevano il settore: “Il valore pubblicitario rimane più basso della copia cartacea”, visto che “la copia digitale è sostanzialmente individuale” “.

Più avanti si conferma la gravità della situazione: “I giornali sono stati protagonisti di un crollo significativo: con la quota di italiani che si informa tramite stampa scesa dal 30% del 2018 al 18% del 2022. A preferire i giornali sono soprattutto le fasce di età più avanzate, mentre solo il 7% della popolazione è abbonata a un quotidiano online.

La televisione rimane la principale fonte di informazione in Italia, ma il suo ruolo si sta ridimensionando, dopo il picco di audience raggiunto durante la pandemia”. Lasorella resta speranzoso: ”La nostra democrazia potrà, probabilmente, nel medio periodo, convivere con una perdita di rilevanza dei giornali di carta. Ma non potrà privarsi di una informazione libera, autorevole, trasparente, responsabile, frutto del lavoro giornalistico qualificato e di una editoria libera e indipendente”.

Quali saranno gli strumenti è per me un serio punto interrogativo e certo saranno media digitali a dover indicare le soluzione.