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30 lug 2025

La vergogna dell’antisemitismo

di Luciano Caveri

Leggevo ieri la solita rubrica di Mattia Feltri su La Stampa. Questo passaggio era da applauso: “Francesi ed ebrei, lui e il bambino, riconoscibili dalla kippah. Gli si fanno attorno e gli dicono Palestina libera, tornate a casa vostra, questa non è Gaza, assassini, assassini, più volte. Non è uno solo. Non uno e tutti gli altri a girarsi a guardarlo. Sono tanti, sono appassionati, ferventi, si direbbe molto indignati e all'unanimità, un'indignazione crescente, l'indignazione dell'uno che si giustifica con l'indignazione dell'altro. Poi sì, cercheranno di avere il telefonino per cancellare il video, un residuo di imbarazzo. Ma la mutazione è avvenuta e ne parlava alcuni mesi fa Alain Finkielkraut in un colloquio con Le Figaro. Per quello che chiamiamo un lungo periodo, in realtà breve, giusto qualche decennio di parentesi nei secoli, l'antisemitismo è stato il prodotto della cattiva coscienza. Qualcosa che poteva erompere, incontrollato, e davanti al quale poi sprofondare. Oggi invece, uso le parole di Finkielkraut, l'antisemitismo non si sente in colpa, è immacolato, benpensante, umanitario, idealista e persino fermamente convinto di essere antirazzista. Oggi ricomincia a tornare fra di noi l'antisemitismo della buona coscienza”.

Quanto mi sarebbe piaciuto esserci in quel autogrill per poter essere dalla parte degli aggrediti. E quanto vorrei sapere nome e cognome degli aggressori, parlare con loro per capire chi sono, quali sia la loro storia personale, quale sia la loro conoscenza dei fatti e il loro background culturale.

Perché tutto questo mi preoccupa, percependo l’esistenza e la gravità dell’antisemitismo.

Nessuno discute sul fatto che il Governo di Israele abbia fatto scelte su Gaza niente affatto accettabili e che la violenza scatenata sia oggi insopportabile e oltre ogni limite rispetto alla reazione per i fatti criminali del 7 ottobre del 2023 contro la popolazione civile israeliana. ottobre 2023. Quel giorno gruppi armati provenienti dalla Striscia di Gaza, guidati da Hamas, causarono la morte di circa 1200 persone, tra cui civili e militari israeliani, e il rapimento di oltre 200 ostaggi, quasi tutti uccisi nel frattempo.

Distruggere Hamas, su cui spero ci sia l’unanimità e solo dei cretini possono in Occidente inneggiare a terroristi islamisti feroci e liberticidi, non significa sterminare i palestinesi, prigionieri anch’essi di questa rete criminale, cui alla fine aderiscono attivamente o passivamente devono subirla. Ovvio che la soluzione più ragionevole sia quella di avere due Stati confinanti in pace, ma questo può avvenire solo se esiste la possibilità di far rientrare in un alveo democratico la popolazione palestinese, sapendo che nel mondo arabo di democrazie vere e proprie non ce sono. Mentre Israele è un Paese democratico con libere elezioni e opposizioni che esistono.

Questa osservazione non assolve Netanyahu, perché anche una democrazia - pensiamo a Trump - può pericolosamente deragliare e siamo esattamente a questo punto. Tuttavia, questo non giustifica l’orrore dell’antisemitismo e neppure, sui fatti gravissimi di Gaza, prendere alla leggera i rischi enormi che gravano su Israele, come dimostrano gli slogan imbecilli come From the river to the sea, “Palestine will be free” ovvero “Dal fiume al mare la Palestina sarà libera”. Il fiume è il Giordano e lo slogan - che risale al passato - oggi significa nelle bocche di molti manifestanti come un incitamento all’eliminazione di Israele in piena assonanza con gli orrori dell’Islam radicale.

C’è di peggio, quando leggo cose come “Israele nazista”, “Gasate gli ebrei”; Hitler aveva ragione”; “Sionisti cancro del mondo”.

Aveva ragione Albert Einstein, che era ebreo: “I crimini di cui gli ebrei sono stati incolpati nel corso della storia – crimini intesi a giustificare le atrocità perpetrate contro di essi – sono mutati in rapida successione [...] Le accuse contro di loro, accuse della cui falsità gli istigatori erano ogni volta perfettamente consapevoli, superavano ogni immaginazione, ma hanno influenzato ripetutamente le masse. [...] In questo caso, si può parlare di antisemitismo latente”. Oggi, purtroppo, più che latente è presente.