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17 set 2019

Politica: «E la nave va»

di Luciano Caveri

Quando si arriva a metà settembre e il periodo delle vacanze appare ormai lontano, sopravviene, come in queste ore sulle mie Alpi, un senso diffuso nell'aria e nei colori della Natura che dà conto di quella maturità che si decompone e declina verso l'autunno. Un altro anno è passato e, in un'abitudine scaramantica di questi ultimi dieci anni, ho comprato a Biarritz - dove vado per il mio lavoro televisivo - una candelina spiritosa che metterò, se tutto andrà bene da qui ad allora, sulla torta del mio compleanno natalizio. Trovo che in questi giorni, diversamente dal passaggio da un anno all'altro, quando si è investiti dalla bulimia delle festività, ci troviamo di fronte ad un vero punto della situazione, che ci riguarda personalmente nel gioco dei buoni propositi, ma anche nell'osservazione - direi più chirurgica - di quanto ci attornia.

Questo anno è stato, dal punto di vista politico che resta per me un interesse civile di cui non riesco a fare a meno, una specie di continuo bradisismo in Valle d'Aosta, in Italia, in Europa e - per non farsi mancare nulla - nel mondo intero. Per chiunque segua, con questa logica da matrioska, ci sono stati eventi che lasciano sconcertati. I continui cambi di Governo in Valle d'Aosta con ribaltoni dei contro-ribaltoni e le vicende romane che vanno nello stesso solco, lasciano senza fiato nel constatare come il "giocattolo" della democrazia sia fragile e come gli sconfitti di ieri diventino i vincitori di oggi e chissà domani come andranno le cose. Manca, scherzando con una di quelle frasi immaginifiche di Franco Battiato, «un centro di gravità permanente», che rende persino difficile fare pace con sé stessi e avere un punto di caduta che dia certezze nelle analisi e nelle scelte. Una specie di formicaio, simile a quel che diventa quando inavvertitamente ci si finisce sopra con un piede nel sottobosco, e vedi le formiche, come impazzite, che vagano in una grande confusione senza più capo né coda rispetto a quell'ordine che normalmente regna. Invidio chi, con strategie machiavelliche, cerca nel caos di dare un ordine ed accampa per ogni scelta giustificazioni per vasti programmi ed orizzonti meravigliosi. A me, troppo spesso, sembrano scelte opportunistiche, che servono a giustificare quanto è difficile da giustificare e trovo curioso che molte alleanze non nascano "per" ma "contro", mettendo assieme elementi la cui coesione assomiglia, come credibilità, alla pietra filosofale. Sulla Valle d'Aosta ho scritto e riscritto. Mi pare con franchezza che la logica sia che "E la nave va", come diceva il titolo di un film di Federico Fellini con un transatlantico ed i personaggi in viaggio sulla nave che segnavano la fine di un'epoca. Dove poi la nave della Politica valdostana finirà è davvero difficile dirlo, ma sembra esistere, fra nostalgia e narcolessia, un attimo di sospensione, che non mi sembra una grande risposta ai molti problemi, grandi o piccola che siano. Italia e Europa sono oggi riassumibili in due temi cardine, che oggi ricadono molto sulle spalle del Partito Democratico che, sconfitto alle Politiche con nettezza, ha ottenuto - più per l'operazione estiva di Matteo Salvini che per propri disegni vincenti - un ruolo importante nel nuovo Governo Conte (il cui riciclaggio è operazione davvero hard!) e, dopo avere avuto per via dell'Italia "sorvegliato speciale" la Presidenza del Parlamento europeo con David Sassoli e gli Affari economici nella Commissione europea con Paolo Gentiloni, una delle bestie nere dei "pentastellati" che saranno i "Pierino la peste" del "Conte bis". Il primo tema è i migranti, questione cavalcata dalla Lega per mesi con una linea dura mai contestata dai "grillini" e neppure da Conte, che oggi diventa invece «umanista». Ha ragione l'ex premier Enrico Letta, quando ieri scriveva su "La Repubblica": «Ma perché non si è avviata una politica migratoria europea in grado di conciliare rispetto dei diritti umani e gestione controllata dei flussi alle frontiere? Perché, quattro anni dopo i picchi del 2015, siamo ancora al bivio tra "porti chiusi" e "facciamo entrare tutti"? Se non si risponde a questi interrogativi, il dibattito rimarrà caotico e inconcludente». Già questo sarà il punto: capire la condivisione europea di regole certe su chi avrà diritto di entrare, dove andrà a stare e cosa farà, come comportarsi con i migranti economici che non ottengono l'asilo, come stroncare la tratta dei migranti regolata oggi da mafie che guadagnano sulle speranze di chi lascia i propri Paesi d'origine, dove nessuno si dà da fare - neppure l'Europa - sul famoso e corale «aiutiamoli a casa loro» e questo unisce chi ci crede davvero nell'aiuto al Terzo e Quarto Mondo e chi usa questa storia degli aiuti per lasciarli lì senza fare nulla di concreto. Secondo tema sul quale Gentiloni e Sassoli avranno la loro responsabilità: la revisione delle norme del "Patto di stabilità" (ne ho parlato decine di volte in questo blog), che hanno strangolato l'economia europea per una logica maniacale, che aveva buone ragioni nel limitare il veleno del debito pubblico di cui l'Italia è leader, ma come sempre gli eccessi hanno pesato gravemente e tutto si è accentuato con meccanismi di un liberismo all'europea, cui non hanno corrisposto troppo spesso meccanismi di controllo del mercato che sono indispensabili per evitare eccessi e storpiature. Da questo punto di vista sia chiaro che attorno al "Patto di stabilità" non esistono solo responsabilità di Bruxelles, ma anche di Roma, che hanno creato meccanismi punitivi sulla democrazia locale, assalita da norme e normette perniciose ed una crescente burocratizzazione dei meccanismi di bilancio e di spesa (compresi i famosi fondi comunitari), che senza modifiche di sostanza non muteranno il quadro.