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18 set 2019

Le alte quote ed i pericoli crescenti

di Luciano Caveri

E' stata un'estate dolorosa per gli incidenti in montagna sulle Alpi. So bene come l'incidentalità non sia una novità nella storia dell'Alpinismo, che è costellata di tragedie che dimostrano una pericolosità insita in questa disciplina, ma lo è sempre più - non solo in termini numerici per una funebre statistica - perché la dinamica di molte sciagure è ormai strettamente legata al fenomeno di riscaldamento alle alte quote con conseguente venir meno di quel collante delle rocce, che è il "permafrost". Questo sgretolamento per via delle temperature elevate delle montagne, che fragilizza le pareti con cadute di rocce e di seracchi con lo scioglimento di nevai e ghiacciai, subisce d'estate una evidente accelerazione e bisogna capire con esattezza come porsi rispetto alla frequentazione di escursionisti e di alpinisti. Questo vale anche per le Guide alpine, che continuo a considerare come dei custodi dell'Alpinismo, cui spetta in primis il compito di riflettere sulla loro professione e su certi limiti di sicurezza su cui bisogna trovare le giuste misure.

Aggiungo, tra parentesi, che la mortalità ad alte quote sarebbe enormemente più elevata se non funzionasse in modo efficace dalle nostre parti un sistema professionalizzato - attraverso Guide alpine e medici specializzati - di "Soccorso alpino", che è ricchezza da mantenere, contrastando gli appetiti di tutti quelli che vorrebbero sostituirsi a questo servizio specializzato per via della pubblicità indotta da azioni di salvataggio. Sulla relativizzazione dei rischi - fatte salve le rispettabili e utili campagne d'informazione sui pericoli della montagna - esiste un interventismo «alla francese», evidente sul Monte Bianco con obblighi di prenotazioni nei rifugi e interventi della "Gendarmerie" in casi macroscopici di alpinisti non attrezzati o bambini portati in parete dai genitori, poi esiste una versione «alla valdostana» manifestatasi nel tempo con ordinanze dei sindaci di divieto su alcuni accessi ad esempio per il Cervino e nella zona notoriamente pericolosa della Val Veny. La reazione a queste misure vede opposti estremismi: chi invoca la libertà al cento per cento per chi voglia salire, dimenticando che chi si mette nei guai rischia non solo la propria vita ma anche quella dei soccorritori; chi, dall'altra parte della barricata, delira attorno a patentini per gli alpinisti e misure draconiane di chiusura con catene e cartelli. Mi immagino misure analoghe al bordo del mare per scoraggiare i naviganti per i rischi di tempesta... Poi esiste il folklore e cioè il rischio che tutto venga buttato in vacca (con tutto il rispetto per le nostre mucche!). Non a caso su "Libé" così ironizza, fra il serio e il faceto, Didier Arnaud nella sua rubrica quindicinale sulla montagna: «Ils sont fous ces British! L'un d'eux, Mattew Disney (sic!), vient d'emmener un rameur sur le Mont Blanc, à 4.362 mètres d'altitude. Jean-Marc Peillex, bouillonnant maire de Saint-Gervais, en Haute-Savoie, s'est fendu d'une bafouille à notre président Emmanuel Macron, lui signifiant que: "s'occuper des incendies de forêt en Amazonie, c'est bien. Ignorer ce qui se passe sur le Mont Blanc et laisser perdurer l'irrespect, ce n'est pas tolérable". Si la comparaison laisse pantois, il faut bien convenir que ces alpinistes "hurluberlus", selon les mots du maire, n'en sont pas à leur coup d'essai… Un Allemand a ainsi réalisé l'ascension avec son chien, redescendu en vie, mais les pattes en sang. Un Russe, parti avec son gamin de dix ans a été bloqué par les gendarmes à plus de 2.500 mètres. Il y a eu aussi ces touristes Suisses qui ont emporté avec eux un "Jacuzzi" gonflable, ou ce guide, essayant de grimper les pieds nus. On pourrait ajouter à la liste ce jour où deux Suisses ont atterri avec leur avion de tourisme floqué d'une marque de montres de luxe, en toute illégalité, entre le Mur de la Côte et les Rochers rouges supérieurs. Les compères se sont ensuite lancés dans l'ascension des derniers mètres jusqu'au sommet, en technique alpine... Bientôt, selon l'édile haut-savoyard, on pourra procéder au déclassement du site - inscrit au patrimoine mondial de l'Unesco - et y "admirer des otaries jonglant avec des ballons ou y tirer de beaux feux d'artifice". Le mairie est las, il ne sait plus quoi faire. "Que va-t-on laisser aux générations futures comme milieu naturel et comme principe de respect?" L'élu s'attend désormais à découvrir n'importe quel type de situation en haut du sommet et il l'affirme: "au mont Blanc, c'est devenu la chienlit". Cette expression, employée par le Général De Gaulle à (la Libération de Paris puis en mai 1968), tombe à plat. On lui préférerait "désordre", "bordel", voire "foutoir". Mais, là encore, le silence et l'harmonie qui règnent en haute montagne s'accommoderaient mal de ces mots. Bon. Comparé à la furia qui règne sur l'Everest, onze morts cette saison et des bouchons à faire pâlir Bison futé à cause des trop nombreuses tentatives d'escalade, les histoires de rameurs et d'alpinistes à poil au sommet notre petite montagne, c'est de la rigolade...». In effetti sull'Himalaya si vede di peggio, ma certo i Paesi che si spartiscono quelle montagne non sono culle del Diritto, come dovrebbero essere gli Stati che ruotano attorno alle Alpi. Bisogna comunque trovare il giusto equilibrio fra liberalizzazione senza freni a proprio rischio e pericolo e dirigismo pubblico con divieti e sanzioni, ma sarebbe bene ad esempio che la famosa euroregione alpina "Eusalp", per ora occupata in dossier tecnici sicuramente pregevoli ma con protagonisti dei Comitati tecnici, si occupasse di questo tema più politico e come tale certamente più delicato per le decisioni da assumere.