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18 mar 2020

Riflessioni di fronte all’emergenza

di Luciano Caveri

Oggi mi occupo di questioni collaterali, ma non troppo, rispetto all'epidemia in sé, ma comprenderete come non siano digressioni distanti. Conosco degli evasori fiscali che di questi tempi, colpiti nel vivo dal dramma del "coronavirus" e spaventati di restar secchi se - qualora contraessero la malattia - non ci fosse posto nelle rianimazioni debordanti di pazienti, pontificano sulla sanità pubblica e sul dramma dei tagli ai finanziamenti del settore. Basterebbe che tutti pagassero il dovuto ed avremmo il "Paese del Bengodi" e non solo con una riduzione per tutti di quanto paghiamo di tasse e migliorerebbe il funzionamento della Repubblica e quanto il Pubblico fa per i propri cittadini. Per la Valle d'Aosta, che gode del riparto fiscale, la gran parte dell'evasione significa l'impoverimento delle Casse regionali e non a caso nello Statuto speciale esisteva un coinvolgimento della Regione Autonoma negli accertamenti.

Oggi si fa una retorica spesso melensa sul "bene comune" nelle sue diverse accezioni e tutti ne proclamano il valore. Quando dalle dichiarazioni orali si passa ai fatti qualcosa scricchiola e non bastano le affermazioni populiste e demagogiche. Quel che conta - lo ripeto - nella gestione della cosa pubblica è passare dalle parole ai fatti. Sono stufo dei grandi disegni strategici quando le cose essenziali non vanno nelle cose essenziali. Si disegna il futuro, partendo da certezze, come si fa con le fondamenta di una casa. Questa maledetta epidemia del "coronavirus" diventa da questo punto di vista un'occasione, pur sciagurata per i pericoli ed i drammi di questa inattesa vicenda piombataci fra capo e collo, per fare un collettivo esame di coscienza. Tutto ciò al di là di "flash mob" sui balconi con musica, applausi e i cartelli con #celafaremo, cui ho partecipato volentieri per dare un senso di speranza al di là del bunker familiare dove ci troviamo asserragliati. Infatti c'è da chiedersi dove ci ha portato il degrado della politica nel nome del "nuovismo" frutto della furia dell'antipolitica e pure dell'antiparlamentarismo, mischiato ad una politica ossessionata dall'apparire sui "social" e dallo storytelling più che dal fare in concreto. Nessuno rimpiange una Prima Repubblica fatta di partitocrazia e di ruberie, ma che contava anche su persone serie che conoscevano il loro lavoro. Un esempio concreto: in certe epoche mai si sarebbe accettato che si stravolgesse la Costituzione come sta avvenendo con una gestione della crisi sanitaria del "coronavirus" affidata ad un improvvisato presidente del Consiglio come Giuseppe Conte, che ha deciso una serie infinita di misure importanti già in grave ritardo ed in più a colpi di propri decreti senza che il Parlamento, del tutto esautorato, si riunisse per stabilire - come suo dovere - il quadro complessivo delle decisioni che gli spettano in un regime parlamentare e non presidenziale, come avviene in Francia. Si tratta di un pericoloso precedente e la paura del virus non sospende la democrazia, come in parte sta avvenendo con troppi silenzi specie da parte del Partito Democratico che ha passato anni a strillare su "golpe bianchi" per vicende per nulla comparabili rispetto alla situazione attuale. Proprio l'emergenza al calor bianco implica che la necessaria rapidità per reagire ai contagi si sposi con il massimo coinvolgimento non solo della politica ma di tutta la società e delle sue espressioni e non con un uomo solo al comando senza esperienza alcuna, in più accompagnato da una Protezione civile che a Roma fa acqua da tutte le parti. La cacofonia delle decisioni regionali non è solo colpa delle Regioni, ma anche di uno Stato non in grado, con l'attuale Governo, di muoversi come dovrebbe nella logica di coordinamento e per carità di Patria evito di scrivervi i curricula modesti di alcuni ministri e non solo "pentastellati". Ricordo a questo proposito che alcuni esponenti grillini che siedono in ruoli cardine sono dei "noVax", quando il nemico è un virus! Purtroppo magagne esistono anche nella gestione dell'emergenza in Valle d'Aosta con una Sanità commissariata da troppo tempo (in più il commissario Angelo Michele Pescarmona è risultato contagiato e tutti i decisori regionali sono stati a stretto contatto con lui) e un Governo che non ha condiviso le strategie sin dall'inizio con il Consiglio Valle ed è parso lento nelle decisioni per fronteggiare la crisi sanitaria e quella economica. Ciò senza nulla togliere alle molte persone ai diversi livelli che, senza un vertice con il polso sicuro, si fanno il mazzo ogni giorno in una situazione che appare confusa e potrebbe diventare drammatica nei giorni a venire. A loro un grazie commosso e riconoscente. Esprimere qualche critica non vuol dire negare le difficoltà del momento e venir meno alla solidarietà che necessita, ma si tratta di uno stimolo a migliorare una situazione che mette in pericolo le nostre vite e che pretende risposte all'altezza delle attese. C'è in questo drammatico frangente chi invoca le elezioni, come fossero una panacea, quando è evidente che sarebbe solo un rischio votare a maggio in piena epidemia. Roba da assalto al Palazzo, se si mostrasse irresponsabilità, con una riedizione della "Révolution des socques". Ragionevole è invece, con il principio dell'intesa e sotto l'egida del Presidente della Repubblica, infilare in un decreto legge sulle materie legate all'emergenza sanitaria sancire la continuità del Consiglio Valle con il contestuale rinvio delle elezioni dopo l'estate. Il tutto con la necessaria rapidità.