Sono contento che questa sera - con una serie di "rivelazioni" utili per chi ama la Storia - vada in onda, negli spazi televisivi di "RaiVdA" poco prima delle ore 20, un programma di Stefano Viaggio dedicato alle vicende che portarono, 150 anni fa, a quel "Trattato di Torino" che sancì l'annessione della Contea di Nizza e della Savoia alla Francia. Chi legge la stampa locale di allora avrà conferma di come l'avvenimento fosse stato uno shock per i valdostani che, dopo secoli di convivenza con i savoiardi, si trovarono d'improvviso una frontiera nazionale stabile ed è istruttivo vedere in un posto evocativo come il Piccolo San Bernardo, dagli albori dell'umanità, che cosa sia un luogo di incontro e di giunzione fra sacro e profano, eserciti e turismo, confine e luogo d'incontro, fortini militari e reines al pascolo. Da quegli episodi nacquero altri due elementi: la "questione linguistica" per la Valle che, persi gli altri territori francofoni, si accentuerà con lo sguardo dei Savoia verso l'Italia e fino alla nascita del vero e proprio Regno d'Italia, nel quale i valdostani, da allora sino ad oggi, diventano minoranza linguistica; e, in secondo luogo, una forte "militarizzazione" della Valle, che si accompagna ad una progressiva marginalizzazione da parte dell'Italia unita, perché la guerra con la Francia resta per lungo tempo uno degli scenari possibili e perché la Valle cessa - con i nazionalismi che esarcerbano le differenze statuali - di essere considerata utile ponte culturale fra popolazioni attigue. Anzi, il progetto di italianizzazione forzata del fascismo cercò di cancellare questa caratteristica, oggi di nuovo centrale nella logica europea. Bisogna avere consapevolezza di quel passaggio storico dei plebisciti, in verità fasulli, che si tennero nel Nizzardo e in Savoia, perché è stato uno di quegli incroci in cui la strada prescelta influenzò non poco i destini della Valle d'Aosta.