In un'epoca nella quale la professionalità declina tristemente in televisione e ormai si teorizza una televisione dei dilettanti, la morte di Raimondo Vianello ci fa ripiombare nell'epoca pionieristica, di quella televisione elettrodomestico nuovo che venne piazzato nei salotti all'epoca dell'infanzia con grandi professionisti in onda. Quando è morto Alberto Sordi - lo leggevo in un recente libro sull'"italianità" - tutti si sono precipitati a dire che era la personificazione dell'"italiano medio", dando prova in sostanza di un autolesionismo nazionale, visto che Sordi ha sempre rappresentato personaggi grotteschi, mediocri e pure cattivi. Forse sarebbe bene pensare che invece il romano, pur un po' milanesizzato dal genius loci della televisione privata, rappresentato da Vianello - pensiamo alla sua adesione alla Repubblica di Salò - era l'italiano medio moderato, ironico e garbato, chiuso in dinamiche familiari, nella gag con la moglie Sandra Mondaini, ma con quello sguardo scettico che forse è più italiano di molte altre cose. Imbattibili certe scenette con il "nordico" Ugo Tognazzi. La scomparsa di certi personaggi televisivi del passato, quando il bianco e nero era la sola tecnologia, ci offre purtroppo il senso del tempo che passa, come avviene con la morte di un familiare.