La definizione di Gianfranco Fini sul Popolo della Libertà di "centralismo carismatico" è interessante e arriva, in sostanza, alla fine di uno scontro al calor bianco con Silvio Berlusconi. E' interessante perché, nella realtà dei fatti, i partiti odierni - nel domandare fedeltà assoluta alle scelte maggioritarie espresse nei partiti - si rifacevano ad un caposaldo dei partiti comunisti: il centralismo democratico. Così chi non era in linea con questo principio diventava "eretico", "inaffidabile" e avanti con un campionario che andava dagli insulti da controinformazione fino ai gulag. Ma era un principio che ora si trasfigura nel "centralismo carismatico", dove il partito personalista - sovrapponendosi al leader - rende ancora diverso il principio, trasformandolo in una sorta di infallibilità del Capo che soffoca ogni dibattito interno, relegandolo alla fine ogni voce fuori dal coro ad un diktat secco: «o con me o contro di me», laddove il partito diventa espressione di una sola persona e della sua corte (compresi i giullari editorialisti). Significativa vicenda umana e politica, esemplare dell'aria dei tempi e che alla fine riabilita proprio la logica correntizia se serve a discutere realmente e non ad essere servi di un padrone.