Le profonde modificazioni della società valdostana nel tempo sono derivate anche dalle ondate migratorie provenienti da fuori Valle. Accanto ai grandi movimenti ben noti, come l'immigrazione veneta e quella calabrese, ci sono poi - in ogni singolo paese - delle storie proprie. Penso in Bassa Valle alle famiglie dei cavatori di marmo arrivati dalla Toscana o, sempre in zona, ai bresciani o bergamaschi giunti per lavorare nelle miniere o nella siderurgia. Oggi la nuova dimensione viene dallo stratificarsi di "nuovi" flussi anche in questo caso di tipo generale (marocchini, tunisini, albanesi) con nicchie specifiche come la comunità indiana che ha scelto Verrès per non dire delle diverse "colonie" di rumeni che sono ormai cittadini comunitari. Il fenomeno - basta guardare i nuovi nati - è importante e fa da contraltare alla denatalità dei residenti "storici" che colpisce la Valle come tutto l'Occidente ricco. In molti, ormai, hanno la cittadinanza e quindi hanno acquisito il diritto di voto e in certi casi - pensiamo nei Comuni minuscoli - le loro scelte inizieranno piano a piano a pesare sempre di più anche nelle competizioni elettorali e non caso, scorrendo le liste elettorali, si notano già candidati di queste nuove comunità che intendono partecipare alla gestione della cosa pubblica. Il loro peso, come è successo in passato e succede ancora per gli eletti che hanno maggiori legami con la comunità calabrese, crescerà e d'altronde la chiave dell'integrazione passa anche attraverso la partecipazione democratica. L'importante è che tutto ciò avvenga con trasparenza e senza logiche da "capibastone" - il cui rischio venne denunciato da mio zio Severino alla fine degli anni Sessanta, beccandosi del razzista dai socialisti rampanti dell'epoca, che oggi hanno altre vesti - che importerebbero in Valle d'Aosta metodi di cui è bene fare a meno.