In un mondo normale, i genitori di Jordan Romero, il ragazzino americano che con i suoi tredici anni è il più giovane ad aver conquistato la vetta dell'Everest, verrebbero processati per sfruttamento di minore. Una scelta esemplare, occupandosi di un caso specifico, per fermare il circo che ormai dilaga attorno alla montagna più alta della Terra. Sotto accusa è il degrado dell'alpinismo a pagamento che ormai può portare in vetta al "tetto del mondo" chiunque paghi e lo dico con immensa tristezza, pensando alla crisi di una pratica sportiva che se l'è cercata con certi eccessi accumulatisi nel tempo. La megalomania e l'insensatezza di certe spedizioni, la presenza di ragioni nazionalistiche che spingono atleti alla ricerca forzata del record, le turbe personali e gli sponsor ossessivi di alcuni alpinisti, il sensazionalismo e la pubblicità persino attorno alle sciagure, il tentativo di attorniare di profondi significati scientifici operazioni affaristiche: sono fenomeni che segnano la fine dell'avventura e del romanticismo che attorniavano una buona parte di alpinismo "estremo". Al grido di «venghino signori» si cerca solo il fenomeno da baraccone, inseguendo un record da "Guinness dei primati" e un eccesso da prima pagina, che oscurano le storie vere e sincere che ancora ci sono nel mondo alpinistico, ma il marcio inquina anche il sano e sarebbe ora che qualcuno tirasse il freno d'emergenza.