E' abbastanza divertente come, di tanto in tanto, le "Ferrovie" - che restano un'azienda dello Stato - cerchino di "girare la frittata" sulle loro storiche inadempienze sulla linea ferrovia valdostana, che se la Valle non fosse una Regione autonoma sarebbe già stata chiusa come fastidioso "ramo secco". Se uno dovesse scrivere un dossier sul tema si troverebbe davvero di fronte ad un "museo degli orrori", specie per l'assoluta incongruenza fra il dire e il fare. Della serie: quando incontri i vertici sono melliflui e propositivi, poi la quotidianità è una roba da incubo e ogni protesta è destinata a essere assorbita da un muro di gomma e anzi lo spostamento dei centri decisionali ha sempre più distanziato gli interlocutori e oggi decide tutto Roma, come avviene nei Paesi vittima del colonialismo. La storia del rischio di mancato ingresso dei treni a motore diesel in arrivo dalla Valle d'Aosta nel rinnovato sistema ferroviario torinese è vecchia come il "cucco". Pur non conoscendo le ultime puntate, le Ferrovie sapevano sin dai tempi dell'acquisto del "Minuetto" che - prima di aprire l'opinabile libro dei sogni dell'elettrificazione della "Aosta - Ivrea" - c'era la scelta, da fare a tempo debito e senza fingere l'attuale sorpresa, che ho già ricordato da queste pagine: l'utilizzo di treni "bifuel" diesel ed elettrici, facilmente rinvenibili sul mercato e già in esercizio, che possono circolare a gasolio sulla nostra rete e, da Ivrea verso Torino, funzionare con l'elettricità di rete, schiacciando un bottone. Ma è meglio, come sempre, "raccontare balle". Forse solo la norma d'attuazione sulla ferrovia (se non farà la fine della mai realizzata regionalizzazione del Catasto, malgrado la norma d'attuazione ci sia) potrà consentire di vedere la luce.