Buona regola sarebbe in politica - in barba al detto oraziano "Carpe diem, quam minimum credula postero", ("Cogli l'attimo, e nel domani credi il meno possibile") - che "durante" si pensi al "dopo". E oggi il "dopo" è rappresentato dal Governo Berlusconi e dal triennio della Legislatura che teoricamente c'è ancora. Nessun indovino, all'indomani del successo elettorale del Centrodestra di due anni fa, avrebbe potuto immaginare qualche cosa di questo genere. Ed è la dimostrazione che la sola legge elettorale, anche se è vero che con quella vigente si è raggiunto il livello più basso di credibilità nella rappresentanza parlamentare, non basta a cambiare le cose e senza un "Italia federale" - davvero e non per finta - il funerale della Repubblica prima o poi rischia di arrivare. E' vero, per altro, che il bipolarismo italiano non è il bipartitismo ed è altrettanto vero che il bipolarismo ha nel PdL e PD due corazzate minate da terribili lotte intestine (e anche la Lega "dopo" Umberto Bossi rischia grosso), tuttavia sembrava che l'uscita di scena di Romano Prodi - vittima del "fuoco amico" - potesse indurre lo schieramento avversario ad una certa saggezza. Ed invece ritengo che molte ragioni, tra le quali i posizionamenti interni al PdL e il moltiplicarsi degli sforzi centristi sul "terzo polo", derivino dalla sensazione che si sia vicini al "dopo" Silvio Berlusconi, che - se davvero avvenisse - sarebbe un "punto e a capo" mica semplice. Insomma, il "dopo" è il "dopo" e bisogna sempre tenerlo presente.