Oggi mi sento un pastore sardo. Mi riferisco a quel centinaio di manifestanti che volevano andare a manifestare a Roma contro la grave crisi del settore ovino e invece sono stati bloccati a Civitavecchia dalle forze di polizia. Una scelta incredibile, pensando che una manifestazione romana, da che mondo e mondo, non la si nega a nessuno e dunque i pastori sardi diventano, purtroppo per loro, protagonisti di una storia nuova, una sorta di censura preventiva anti-manifestazione. Il caso dei produttori di latte della Sardegna mi colpisce. Non solo per la struggente bellezza della montagna sarda dove lavorano queste persone, ma perché la loro protesta - con chi nell'isola fa formaggi tipici con latte proveniente dal "Continente" (come i sardi chiamano il resto del mondo) - potrebbe essere un giorno la protesta di quella agricoltura che rischia di non essere più competitiva con le grandi agricolture di pianura, dove i costi sono inferiori e nel caso del latte questo consente di avere un prodotto a prezzi stracciati. La nuova "Pac - Politica agricola comunitaria" potrebbe avere su realtà "marginali", come la stessa Valle d'Aosta, esiti terribili. Noi, per ora, siamo ancorati ai positivi obblighi del disciplinare della "Dop - Denominazione di origine protetta" della "Fontina", che obbliga all'impiego di latte locale, ma il rischio che certi fondi compensativi di origine europea scompaiano su scelta sciagurata di Bruxelles pesa come un macigno sul futuro del nostro già zoppicante settore dell'allevamento.