Ci sono, quando si parla in pubblico assumendo il rischio di parlare "a braccio", come mi sforzo di fare sempre, dei momenti in cui ti guizza un'idea che provi ad afferrare al volo e ogni tanto ci riesci. L’altro giorno con questo spirito - un pensiero improvviso che ti viene e e riporti - ho parlato a Torino ad un'assemblea di sindacalisti interessati alla Euregione "Alp-Med". Con loro ho fatto un ragionamento in premessa che vorrei condividere. Proprio guardando i presenti alla riunione, in un emiciclo del Consiglio regionale del Piemonte, non si poteva non notare come la larga maggioranza delle persone appartenessero, come me, alla generazione dei "baby boomers". Si tratta di quell'ondata anomala di natalità che varia nelle interpretazioni di qualche anno: chi situa gli interessati, come anno di nascita, fra il 1943 e il 1960 e chi pone la forchetta fra il 1945 e il 1964. Comunque sia, io che sono del 1958 sono nella coda di questa fiammata di neonati, frutto dell'ottimismo e del benessere crescente di quell'epoca storica in cui si faceva l'amore come segno di vitalità dopo gli orrori della guerra. Milioni e milioni di bambini che sono diventati adulti in un clima unico e straordinario quale è stato il secondo dopoguerra. Con tutte le eccezioni possibili, abbiamo potuto vivere una forte evoluzione dei costumi, forme crescenti di libertà personale, una clamorosa evoluzione tecnologica, modificazioni profonde nella società, forti cambiamenti nell'economia e mille altre cose che si potrebbero aggiungere. Noi "privilegiati" per aver cavalcato anni unici e irripetibili abbiamo un dovere: quello di aiutare i giovani ad affermarsi senza dar loro il senso di essere "vecchi egoisti" per quanto ottenuto e chiusi a quegli stessi cambiamenti di cui siamo stati fautori nei nostri anni d'oro. Il dialogo intergenerazionale è un caposaldo che non si butta via né ponendo degli ostacoli e neppure, per converso, con il gioco della rottamazione. Equilibrio delicatissimo, capisco bene. Ma noto con orrore che questa nostra società che invecchia sempre più rischia di essere conservatrice, chiudendo i giovani e le loro energie in un recinto fatto di incomprensioni e precarietà. Errore madornale.