Una parte dell'articolo 77 della Costituzione riguarda il decreto-legge e dice: "Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione". La questione è chiara: siamo di fronte a atto normativo di carattere provvisorio, che ha forza di legge e riguarda - come detto - casi straordinari di necessità e urgenza, individuati dal Governo. Entrato in vigore immediatamente dopo la pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale", produce effetti provvisori, se non avviene in tempo la già citata conversione in legge da parte dei due rami del Parlamento. Io, nella mia esperienza a Montecitorio, specie nella prima Commissione "Affari Costituzionali", cui spetta vigilare sulla straordinarietà sotto il profilo della necessità e urgenza, ne ho visti passare un sacco di decreti-legge e nelle materie le più disparate. Fu la famosa decisione della Corte Costituzionale, con la sentenza numero 360 del 1996, che mise la parola "fine" alla prassi della reiterazione, che consentiva di ripetere lo stesso decreto, anche più volte consecutivamente, dopo la prima decadenza, aggirando di fatto il dettato della Costituzione. Ma i Governi che ho visto susseguirsi - con il momento peggiore con il Governo Monti - hanno sistematicamente abusato dello strumento del decreto-legge, costringendo in casi importanti il Parlamento al "prendere o lasciare" con l'apposizione ripetuta dei voti di fiducia per evitare lo scadere ormai tassativo dei sessanta giorni. Questa compressione dei diritti e doveri della democrazia parlamentare, con l'abuso del decreto legge, hanno causato un assalto alla diligenza sul testo di ogni decreto-legge in conversione. La sola arma, in fondo, per i parlamentari per dimostrare di esistere contro lo strapotere dell'Esecutivo. Ma anche il troppo stroppia, per cui il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha scritto ieri una lettera ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio, per dire: «basta con decreti-legge che diventino dei mostri giuridici, che assomigliano a treni che trascinino troppi vagoni in materie che non hanno la necessità e l'urgenza alla base di quel potere legislativo straordinario da parte del Governo, che funziona solo se sopravviene il "sì" delle Camere». Pare storia di poco conto o un pallino dei giuristi, quando invece, dietro ai tecnicismi, vi è un tema di grande spessore e di equilibrio fra il potere esecutivo e quello legislativo. Un aspetto decisivo in democrazia, che vale anche per una realtà istituzionale come quella valdostana. Per quanto i decreti-legge non siano previsti dallo Statuto d'autonomia, anche da noi, in questi anni, eccessi di potere della Giunta regionale - e specie del suo presidente - hanno messo in un angolo il ruolo del Consiglio Valle, custode della sovranità popolare. Gli equilibri di potere, anche nel nostro ordinamento, sono una garanzia da rispettare.