Credo che a qualunque valdostano, ma ciò vale per gli altri abitanti delle Alpi, le nevicate delle scorse ore aprano il cuore, al di là dei disagi che si possono creare. Anzi a chi, come me, abita nel fondovalle resta il rimpianto che la neve non sia giunta a bassa quota a causa delle temperature troppo elevate. Ha ragione la scrittrice canadese (o meglio acadienne) Antonine Maillet, quando scrive: «La neige possède ce secret de rendre au coeur en un souffle la joie naïve que les années lui ont impitoyablement arrachée». Ma la poesia della neve si è fatta molto attendere in questi anni. La questione è nota: mentre ancora nella mia infanzia la neve arriva a in modo certo e regolare, da una trentina d'anni per le zone dello sci si aspetta la neve con una logica da estrazioni del lotto. Produrre la neve artificiale costa un sacco di soldi in attrezzature, personale e energia elettrica e, per alcuni, ci sono anche complesse operazioni di stoccaggio dell'acqua, che miscelata con l'aria alimenta i famosi "cannoni". Per altro, sciare lungo piste innevate artificialmente non ha lo stesso gusto della neve naturale e, in stagioni grame, la mancanza di un panorama invernale tutto attorno non è un dettaglio, perché lo sci è anche godimento dell'ambiente naturale in cui si è immersi. La neve fresca, come quella caduta copiosa di queste ore, è una meraviglia, ma crea sempre preoccupazioni. Ogni Comune valdostano ha ormai, in modo minuzioso, mappato le valanghe che possono risultare rischiose per cittadini e turisti. Quando nevica molto, in certe vallate, la minaccia incombe, malgrado le costose opere paravalanghe, anche su certe zone abitate e lungo le strade e spetta alle locali Commissioni valanghe adottare le necessarie precauzioni. Per la pratica dello sci problemi, invece, non ce ne sono in pista: anche in questo caso la catena di comando e di responsabilità è chiarita da una legge regionale e, in caso di pericoli, si giunge al blocco vero e proprio, come ieri è avvenuto prudenzialmente nei comprensori di Gressoney. Restano, ovunque sia nevicato, gli inviti alla prudenza per il fuoripista, un tempo appannaggio solo degli esperti, mentre oggi il freeride è un moda, specie per i giovani, che ha riportato sugli sci o sullo snowboard anche generazioni che sembravano non interessate agli sport della neve. Il problema è che non sempre all'entusiasmo e alla grinta corrispondono le conoscenze e l'esperienza per muoversi in ambiente montano, che può dimostrarsi ostile, se non si prendono le precauzioni necessarie. Mi è capitato di approfondire la dinamica di valanghe e slavine e chi ne sottostima la pericolosità non sa davvero con quale forza della natura ha a che fare. Per cui l'invito alla prudenza non è un ripetitivo esercizio di circostanza, ma la constatazione che i rischi ci sono davvero.