Vorrei premettere che se, nella vicenda del Casinò di Saint-Vincent che si sta inabissando, non ci fossero in ballo centinaia di famiglie verrebbe da dire - verso certa politica - «una risata vi seppellirà». Invece, sebbene la vendetta sia un piatto da gustare freddo, non trovo soddisfazione nell'altrettanto celebre frase: «io lo avevo detto!». Eppure, quando all'inizio del 2013, cominciammo a dire - noi fondatori dell'Union Valdôtaine Progressiste e allora ero ancora in Consiglio Valle - che i conti non tornavano e ci sarebbe stato a breve un piano "lacrime e sangue" ero stato smentito, in aula, dal presidente della Giunta, Augusto Rollandin. Il suo sembrava un autentico sdegno e sulla stessa pista si era messa la dirigenza della Casa da gioco, dopo una serata UVP a Saint-Vincent, in cui avevamo messo tutti in guardia sulle prospettive fosche all'orizzonte. Ed invece, con l'amministratore unico e in presenza del solo politico considerato amico e mentore, proseguivano le inaugurazioni delle costose opere alberghiere e il rilancio - questione solo di finire i lavori - passava per diverse strade. Quella cinese, considerata salvifica, per ora riguarda una clientela di basso target, che fa scappare il resto dei giocatori. Ma attendiamo i fuochi d'artificio di Macao prossimi venturi. Ma tornando a certi profeti (dispiaciuti) di sventura, si sa, che toccava smentirli seccamente, in vista delle le elezioni regionali. C'erano in ballo i voti dei dipendenti e dei poveretti con contratti precari e con corsi in corso per trovare lavoro e dunque bisognava sprizzare ottimismo. Così Caveri era cattivo, geloso, invidioso perché non comanda più lui, «che ha avuto lo sciopero più lungo della storia del Casinò». Le "truppe cammellate", capitanate da amici e famigli, sodali e benedetti, riciclati e leccapiedi erano pronti a montare questa panna. Molti di loro erano quelli che - guarda che caso - già prima del 2008 diedero fuoco alle polveri contro la Presidenza Caveri, aspettando tempi d'oro che qualcuno prometteva. In effetti, per alcuni l'ascensore per carriere insperate c'è stato, così come consulenze che si sono poi allargate a posti di comando veri e propri. Da notare che certi agitatori sindacali dei miei tempi si sono trasformati d'incanto in pacifiche pecorelle, addirittura con successive conversioni politiche. Non c'erano più incendi da appiccare: tutti pompieri a pieno servizio. Di fronte a certe vicende, tra pensionamenti in atto e, ora, con gli annunciati tagli agli stipendi ci sarebbe stato, ai miei tempi, l'assalto alla Regione, come se fosse il Palazzo d'Inverno degli Zar della rivoluzione russa. Chissà ora se trionferà il mugugno o se ci sarà una ribellione. Nessuno gode delle sventure, ma fare finta che tutto vada bene e che i risultati siano da battimano e da premio mi pare una colossale presa in giro. Manca ancora molto al Carnevale...