Ancora per pochi giorni guarderò l'Italia dall'estero, solo con l'uso dI Internet. Ormai puoi trovarti in qualunque angolo del mondo, senza più avere quelle forme di parziale isolamento dalle notizie del passato. E' un bene ed un male, perché finisci per seguire tutte quelle preoccupazioni che aleggiano su di un futuro assai difficile da prevedere. Si naviga "a vista", senza una mappa che ci conforti. Sono da ammirare (o, in alternativa, da prendere a calci nel sedere) quelli che, invece, appaiono granitici nelle loro certezze: le ideologie assolutiste sono una corazza che, alla fine, ti imprigiona. Stupisce sempre - e sarà forse il fatto di aver più tempo libero per pensarci - il grado estremo di contraddizioni della politica italiana, in cui oggi convivono, in una dimensione stridente, tentativi di dialogo politico, di cui la legge elettorale è esempio eminente e, dall'altra, il fenomeno di presenza in Parlamento di chi, pur vivendo nel sistema, inneggia alla logica antisistema. Insomma, tutto e il suo contrario. Non è un fatto inconsueto, semmai è nuova la carica virulenta e l'effetto moltiplicatore dei social media, che pure non sono la vita reale e chi pensa ad una "democrazia digitale" dipinge forse una tendenza, ma non la situazione attuale. Certo i comportamenti istituzionali nelle Camere definiscono - come uno dei marcatori possibili - la qualità di una democrazia, ma anche delle forze politiche e dei singoli eletti. Gli scontri verbali van bene, ma esistono, anche nelle battaglie oratorie più feroci, dei limiti da non travalicare, come avviene con l'uso di espressioni volgari o offensive. Così come mai può altrettanto essere accettato, in un'Assemblea parlamentare, l'uso della violenza fisica, perché il parlamentarismo nasce come luogo di confronto politico nella speranza di sostituire forme di scontri violenti con la mediazione che simula le battaglie in un emiciclo. Nella storia parlamentare - e in parte ne sono stato spettatore - ci sono stati momenti caldi fatti di eccessi, ma sono pagine da dimenticare e nessuna persona sensata può oggi giocare con il fuoco. Per carità, in una democrazia gli spazi di confronto devono essere davvero aperti, ma l'uso fuori dal contesto storico di parole chiave della storia italiana finisce per essere un esercizio sbagliato e persino fuorviante. Prego tutti di lasciare stare le parole, specie quando un loro uso strumentale rischia di creare solo di sollevare dei gran polveroni in un'Italia senza memoria collettiva e coscienza storica. Sarebbe bene, in certe circostanze, non rifarsi esclusivamente al passato, ma avere la forza di trovare chiavi di lettura attuali, perché la Storia insegna ma non si ripete mai in modo uguale. La riflessione è d'obbligo, guardando a Roma e a certi spettacoli miserandi. Sconcerta l'uso di termini come «fascisti» contro gli eccessi del "Movimento 5 stelle" e, di rimando, l'autodefinizione, datasi dai grillini stessi, di «partigiani», persino con l'uso fuori tema della celebre canzone della Resistenza, "Bella ciao". Le parole vanno adoperate in modo responsabile, perché sono monete preziose che rischiano, descrivendo fenomeni ben situati nel tempo, di essere facilmente svalutate sul mercato della chiacchiera. Certo non si può pensare che in Italia si possa vivere solo sull'insulto o della battuta fulminea o sull'"okkupazione" come strumento multiuso. Speriamo che il "buio oltre la siepe", cioè - ricordando il titolo di un romanzo diventato un celebre film dal finale speranzoso - si dimostri migliore di quanto invece temiamo, come avviene nel buio attuale, con le tante paure che proprio l'ignoto alimenta.