Il mio post di oggi non sarà un lieve e aulico pensiero post ferragostano, ma visto che Ferragosto si erge come una roccia stagionale da cui si diparte sin da oggi il lento flusso della ripresa, è bene dar libero sfogo ad un'idea che mi angustia, facendo ormai parte - quello di cui parlerò - del panorama politico e sociale valdostano, pur essendo qualcosa di cui si potrebbe fare a meno o almeno limitarlo nell'uso. Ci pensavo, perché l'altra sera tardi c'è stata una persona che mi ha scritto più messaggi per riferirmi delle cose sapute da chissà chi sul "cantiere politico aperto" cui compartecipo e penso le ritenesse bruttissime, anche se - ormai abituato a certa solfa - non ho neppure chiesto di esplicitarle.
In realtà ammetteva lui stesso che la fonte fosse da "bar Sport", dunque non fondatissima, ma comunque ritenuta degna di farmi partecipe non tanto per avvertirmi di supposti rischi, quanto per dirmi che lui in questo periodo della sua vita fa dell'altro. Buon per lui, ci mancherebbe, ma libero anch'io di ritenere che da certi boatos bisognerebbe guardarsi più che farne oro colato da comunicazione notturna degna di una "Radio Londra" in periodo bellico. In sostanza: appena nella ridente Valle d'Aosta nasce l'idea di qualcosa di nuovo sulle rovine di speranze precedenti che personalmente considero tradite, ti accorgi che - nel miserrimo ruolo del sicofante, modernamente sputtanatore - c'è chi inizia con solerzia ad azionare la "macchina del fango" a beneficio di chi se ne avvantaggia e c'è chi di riflesso ne diventa consapevole o inconsapevole amplificatore. Il meccanismo, quando la notizia risulta degna di eventuale e ammiccante diffusione, funziona oltretutto come il "gioco del telefono senza fili" e cioè, fra aggiunte storpiate e maliziose, alla fine il messaggio si trasfigura sempre in peggio ed una palla di neve diventa valanga. Attività antica come il mondo - frutto di vantaggi personali o di zelo innato - quella di distruggere il proprio avversario politico con dicerie non corrispondenti alla realtà. Personalmente ho un campionario di cose dette su di me che ormai mi fa sorridere, ma sul breve mi fecero arrabbiare. Era Charlie Chaplin che diceva e trovo che ci si dovrebbe attenere: «ti criticheranno sempre, parleranno male di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu possa andare bene come sei. Quindi: vivi come credi. Fai cosa ti dice il cuore: ciò che vuoi». L'appello di quella maschera comica piena di verità amare, che fu il creatore del grande "Charlot", è in fondo quello di sbattersene di certe storie, anche se nella malevolenza c'è non sempre la leggerezza della stupidità o della battuta che diventa un tam tam destinato a disperdersi, perché la cosa si fa purtroppo seria in certe circostanze, se il veleno supera livelli di guardia. Jean-Baptiste Rousseau, poeta francese seicentesco, così diceva in una sua poesiola: "Messieurs, disait un fameux délateur Aux courtisans de Philippe, son maître : Quelque grossier qu'un mensonge puisse être, Ne craignez rien, calomniez toujours. Quand l'accusé confondrait vos discours, La plaie est faite; et, quoiqu'il en guérisse, On en verra du moins la cicatrice".
Figurati cosa capita ormai ai tempi dei "social" in cui certi strumenti finiscono nelle mani di chi non ha regole, morale o scrupoli, per non dire di cretini compulsivi e rozzi, che trovano attimi di gloria e protagonismo mai sperati nella loro mediocrità nel levare dita accusatorie e sparare prodotti da fognatura. Ma bisogna prenderla con filosofia ed evitare di presentare querele ed affini che lasciano troppo spesso il tempo che trovano, essendo la libertà di opinione come una fisarmonica a seconda del giudice che si trova ad occuparsene. Meglio diventare un po' zen e farsi giuste risate di certe storie costruite ad arte tra veleni e vecchi merletti, perché alimentano a ragione l'antipolitica e inquinano la civile convivenza, dando troppo spazio a cornacchie ed a pappagalli di ogni schieramento. Bisogna comunque avere la giusta memoria.