La discussione sulla ritorno del lupo in Valle d’Aosta - l'animale era scomparso nel 1862 ed è stato riavvistato nel 2005 - è tornata all'attenzione dell'ultimo Consiglio regionale, su richiesta del consigliere Albert Chatrian. La situazione attuale è stata illustrata dall'assessore Renzo Testolin, che ha ribadito quanto più o meno già si sapeva: le fonti ufficiali ritengono infatti che ci siano sul territorio valdostano dai venti ai venticinque predatori e certo la recente scoperta sopra Torgnon di undici esemplari nello stesso branco rende abbastanza palese come il numero globale di reali presenze, così come è stato rilevato, risulti sottostimato. A nome del Governo regionale, Testolin non ha escluso che, seguendo le regole del "Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia", di recente adottato dalla "Conferenza Stato - Regioni", si possa giungere, quando necessario, ad abbattimenti mirati.
Detto fatto in poche ore è già nata una petizione in Rete (ormai sono sepolto dalla richiesta di firme di tutti i generi) per scongiurare qualunque tipo di uccisione del lupo, per quanto questo avvenga regolarmente in Francia e in Svizzera, senza scomodare la Norvegia che ha predisposto un massiccio Piano di abbattimenti. Ma certe polemiche in altre zone alpine - penso al Piemonte - dove il lupo, suo malgrado, è diventato un "lupo immaginario", simbolo delle profonde incomprensioni fra la montagna e la pianura, rendono questa reazione del tutto scontata e c'è già chi teorizza anche da noi che il "cattivo" non è più il "lupo cattivo" come da favole del passato, ma i danni vengono fatti dall'uomo essendo lui il "cattivo", mentre gli animali sarebbe sempre "buoni" (che è una balla colossale a detta degli etologi) e ciò conferma certe origini di una parte dell'ecologismo in ben note e fantasiose visioni naturalistiche di estrema destra. C'è chi pensa davvero, certo delirando, che la Natura debba essere liberata dall'uomo e questa parte di filosofia estremistica l'ho vista talvolta in azione, quando si discuteva alla Camera sui Parchi e le aree protette venivano viste davvero come occasione - con l'uso grottesco del termine "antropizzazione" - per togliersi dai piedi gli abitanti di quelle zone da trasformare in sancta sanctorum. Ed è un meccanismo che ha avuto un grande successo sulle Alpi, dove i Parchi si sono moltiplicati, diventando centri di potere coalizzati fra di loro con una presenza sul territorio alternativa al potere democratico degli eletti locali, brutti e cattivi perché considerati tutti speculatori in nuce e creandosi poi sovrastrutture che, mettendo in rete le Aree protette, li hanno fatti diventare Enti sovraregionali che agiscono su Roma e su Bruxelles come dei veri potentati. Il caso del lupo è esemplare: l'avete vista la mascotte del "Giro d'Italia"? E' la punta dell’iceberg di quel progetto fattosi lobby pesante e ben finanziata che si chiama "Life WolfAlps", che tiene per i lupi e meno per i montanari, come denunciano da tempo i tanti che sulle Alpi vogliono chiarezza su che cosa si voglia fare con il ritorno del lupo e degli altri predatori come l'orso o le linci. Certo è che il Piano approvato giorni fa è stato frutto di esperti grandemente sbilanciati rispetto ai rappresentanti di Regioni e Enti locali: la Valle d'Aosta non ha messo neppure un proprio esperto fra la settantina di prescelti, pur avendo il problema in casa. Il documento, firmato dal Ministero dell'Ambiente e dall'Unione zoologica italiana, vale la pena di essere letto, perché conferma quell'impressione più psicologica che politica di come il lupo - nelle norme comunitarie e internazionali - abbia finito per essere, anche per le stragi subite nel passato a difesa delle tradizionali comunità rurali, una sorta di "intoccabile" e non a caso dunque l'Unione europea ha messo per la sua diffusione molti soldi (come ha fatto per l'orso in Trentino, dove la specie sta debordando). La parte della distribuzione del lupo è stata affidata nel Piano a "Life WolfAlps", che non può essere considerata un’autorità indipendente, perché è come chiedere all'oste se il vino è buono. Questo vale per il complesso dell'approccio scientifico che minimizza rischi e implicazioni negative per i settori dell'allevamento in montagna, che preoccupa anche i valdostani. Per cui, alla fine, chi osserva i rischi di un eccesso di moltiplicazione dei lupi, anche per l'assoluta mancanza di reali competitori in Natura, viene sempre trattato con sufficienza, come una persona cui spiegare con pazienza le cose perché non capisce in modo adeguato la questione, oppure come un terribile sparatore che non vede l'ora di mettere una pelle di lupo davanti al caminetto di casa. Ad ogni obiezione si risponde con sicumera pedagogica nella certezza che la Scienza può superare paure ataviche e pregiudizi. E che i "conflitti" (si usa questo termine) devono essere mitigati e torna nel documento quella visione snobistica ed un po' schifata delle "attività antropiche". Se poi si passa al capitolo "Deroghe al divieto di rimozione di lupi dall'ambiente naturale", che sarebbe un modo elegante per dire che - come Oltralpe - quando il troppo stroppia ci può essere una soppressione del lupo, si entra in un gioco di regole e regolette, codici e codicilli che faranno finire qualunque scelta di abbattimento nel dedalo della giustizia amministrativa. Personalmente spero - perché ho visto documentari fantastici sul lupo che mi hanno confermato quanto siano straordinari ed interessanti - che mai un lupo dovrà essere abbattuto sulle nostre montagne, ma mi auguro anche, che se questo dovesse accadere per problemi seri, compresa una crescita incontrollabile della specie in certe zone, ci possa essere un modo ragionevole in punta di Diritto per poterlo fare senza trovarsi ingarbugliati in una situazione che crei disagi e malcontenti, specie per quei montanari che già vivono una vita impegnativa senza un progetto "Life" che li supporti e simpatizzanti che raccolgano per le loro le firme.