Non ci vuole una grande fantasia a scoprirlo, perché è così da sempre, pur con diversi livelli di incidenza e oggi siamo a livelli piuttosto alti. Quando si avvicinano le elezioni, per la Politica c'è il rischio che, qualunque cosa si discuta, le cose non stiano come prima. Esattamente come avviene con gli specchi deformanti. Chissà che non vi sia capitato di entrarci in un "Luna park": certi specchi, a differenza di quelli piani, trasformano in modo strabiliante la nostra immagine. Così sta capitando anche in Valle d'Aosta in vista del 2018 (o forse prima...), dove dossier stranoti come il coma profondo del Casinò, le magagne di "Cva", le ombre del Forte di Bard o della "Maison du Val d'Aoste" a Parigi (l'elenco potrebbe continuare) vengono "scoperti" anche da chi - con ruoli di maggiore o minore responsabilità - aveva accettato le tesi ufficiali contro chi invece aveva sollevato critiche, oggi diventate patrimonio comune, come se nulla fosse.
Verrebbe da dire: «meglio tardi che mai» ed osservare che certe immagini considerare un tempo belle da vedere si stanno rivelando anche agli occhi dei distratti tutte distorte e ci sono responsabilità. Quel che turba in questa fase piuttosto confusa, in cui in particolare gli opportunisti sono terribilmente indecisi sul da farsi e si mimetizzano per non sbagliare cavallo, è che si rischia di perdere il senso della realtà. Faccio due esempi: è indubbio che siamo ai minimi storici nei rapporti con Roma. Lo si vede dal riparto fiscale a terra, da norme di attuazione ferme, da leggi nazionali approvate senza clausole di salvaguardia, da un'Autonomia messa all'angolo. Esisteva su questo, malgrado il trionfale "no" alla riforma renziana della Costituzione, la possibilità di chiudere la Legislatura con qualche riflessione utile sullo Statuto, ma in fretta e furia è stata chiusa la Commissione speciale del Consiglio Valle che doveva occuparsene. Una specie di resa di cui non si capisce bene la logica del "poi si vedrà" in questo navigare a vista. Idem sulla riforma elettorale, dopo che - per una serie di combinazioni non obbligatoriamente ripetibili - le elezioni regionali del 2013 sortirono un diciotto a diciassette, che da allora ha dato origine a periodiche quadriglie. In più accordi preelettorali previsti dalla legge sono diventati, con buona pace degli elettori, carta straccia, naturalmente per il bene della Valle. Per cui si ragiona ormai con il bilancino - uno in più, uno in meno - per capire se si possono quagliare cambiamenti con la variante imbarazzante che molto può essere deciso dai giudici per vicende ormai a sentenza o che bollono in pentola con indagini clamorose che hanno seguito ad anni di silenzi da "porto delle nebbie", che ora appaiono imbarazzanti. Tutti concordano che bisogna mettere mano alla legge elettorale, ma alla fine si sta facendo una generale melina, "aspettando Godot". Per cui ci si avvicina ormai alla fine Legislatura, quando cambiare le regole del gioco - in primis la legge elettorale - sarebbe sbagliato. Oltretutto si sa che certi cambiamenti devono avvenire con un dialogo aperto e non a colpi di maggioranze, specie se non si sa bene quali saranno queste maggioranze. Chissà chi lo sa dove le bocce in movimento si fermeranno sul campo di gioco della politica valdostana, oggi in gran movimento fra alleati e avversari che si scambiano le maglie e anche gli insulti. Viene in mente la famosa frase di Mao Tze Tung, che diceva: «Grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente». In Valle d'Aosta il futuro rischia di essere appannaggio di chi, cavalcando antipolitica e demagogia, potrà farsi largo. Sarà bene, su questo, riflettere.