Mai come di questi tempi si discute in politica di come arginare le cosiddette "fake news", che come il famoso venticello del "Barbiere di Siviglia" di Gioacchino Rossini sono: «Un'auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente incomincia a sussurrare» e così si diffondono - nel noto motivo - sino al possibile esito tragico «E il meschino calunniato, avvilito, calpestato, sotto il pubblico flagello per gran sorte ha crepar». In francese si dice: «Calomniez, calomniez, il en restera toujours quelque chose». Licia Corbolante nel suo interessante blog "Terminologia etc." si presenta cosí: «mi occupo di gestione e ricerca terminologica, localizzazione, localizzabilità, qualità linguistica e comunicazione interculturale».
E sul tema osserva con acume: «La diffusione dell'aggettivo "fake" (falso, contraffatto, finto, fasullo) nel lessico comune inglese è relativamente recente, probabilmente perché è di origine gergale. Le collocazioni più frequenti ricavate con "Google Ngram Viewer" includono "fake ID", "fake name", "fake money", "fake documents" ed ultimamente anche "fake news"». Più avanti dice: «La locuzione "fake news" è generica. In molti contesti è intercambiabile con "false news" e appare spesso associata a "misinformation" e "disinformation", "misleading, fraudulent, factually incorrect information" o "news" eccetera». Poi la parte che considero da sottoscrivere in toto: «Se l'espressione "fake news" è così generica in inglese, ha senso usarla anche in italiano? Secondo me è un anglicismo superfluo: possiamo dire "notizie false" o "notizie inattendibili" oppure usare "bufala" che nell'accezione "notizia priva di fondamento" è una parola breve, molto precisa ed efficace. Perché allora si sta diffondendo "fake news" anche in italiano? Direi pigrizia o scarse competenze linguistiche di chi traduce dall'inglese, ma anche l'ossessione di evitare la ripetizione, tipica del media italiani, che spinge a usare gli anglicismi come sinonimi. Mi pare anche che sia intervenuto un meccanismo tipico dell'itanglese e a "fake news" venga attribuito un significato più specifico, per ora assente in inglese: nell'uso italiano "fake news" sono le notizie false presenti esclusivamente online e [fabbricate per essere] condivise sui social media». Segnalo che in francese vale il "fausses nouvelles" del Québec e - per bufala - ci sta "bobard". Interessante la tecnica di Corbolante che annota sui post passati anche le novità nel frattempo emerse con precisazioni e ulteriori link. Così segnala a inizio anno: «Nell'inglese americano le connotazioni di "fake news" sono cambiate nel giro di pochi mesi con l'avvento al potere di Donald Trump, che usa ripetutamente la locuzione per screditare i media tradizionali». Insomma: le espressioni linguistiche evolvono e anche le tecnologie. Non sarà facile da quest'ultimo punto di vista trovare modalità efficaci per bloccare i "venticelli", che spesso assumono una vitalità impressionante, alimentare anche da quel fenomeno da indagare che sono le "Catene di Sant'Antonio" digitali, in cui ripetitori di stupidaggini o cattiverie diventano persone insospettabili. Quel che conta, più per gli aspetti penalistici che di costume, è poter trovare strumenti che consentano di poter risalire piano piano, anche se certi danni si dimostrassero irreparabili, al colpevole o ai colpevoli che hanno generato nell'ombra - confidando nello stesso anonimato degli spregevoli autori delle lettere anonime - la notizia farlocca, che poi vive di vita propria e talvolta si gonfia nel percorso come una travolgente valanga di neve.