Tutta l'Europa, dove altri voti peseranno (Gran Bretagna, Germania ed Italia), guardava in queste ore al "caso francese", Paese in cui - pur con le note peculiarità istituzionali - molto spesso si è avuta una qualche anticipazione, in una logica da laboratorio politico, su quanto poi verificatosi altrove. Quanto è soffiato è un vento di cambiamento - ma chissà quale si vedrà - negli equilibri sino ad oggi più o meno stabili della Quinta Repubblica in Francia, dopo l'esito delle urne di ieri. Quinta Repubblica che - lo ricordo - resta nella sostanza quella voluta con riforma costituzionale da Charles De Gaulle nel lontano 1958. Sarà interessante, dopo questo primo turno di cui non ho sbagliato le previsioni (ma non pensavo ad un peso così forte degli astensionisti), capire come andranno a inizio maggio le elezioni presidenziali in Francia.
Al ballottaggio andranno, infatti, Emmanuel Macron, nuova stella della politica francese, e Marine Le Pen, che fa tremare il Vecchio Continente. Penso che alla fine vincerà Macron, ma le scelte degli elettori francesi sono di certo all'insegna di una forte discontinuità rispetto ai tradizionali equilibri politici per lo sfaldarsi dei partiti tradizionali e questo peserà ancora relativamente sulle prossime elezioni dell'Assemblée Nationale, visto che la rivoluzione all'Eliseo non avrà ricadute così rapide sui collegi elettorali e dunque sui deputati eletti e questo vale ancora di più per il macchinoso e lento sistema di voto del Sénat de la République. Per cui chi sarà Presidente potrà essere anatra zoppa, cioè leader senza maggioranze parlamentari su cui contare, anche se poi si sa che in molti si metteranno subito dalla parte del vincitore. Ma questa distonia Presidenza - Parlamento sarà situazione insolita con novità siffatte dalle urne ed è possibile che questo spingerà Macron verso riforme di fondo per andare verso una Sesta Repubblica ed i suoi 39 anni - anche se sembra più vecchio per una serie di ragioni derivanti dalla sua biografia - sono una garanzia per rischiare. Questo può avvenire senza salti nel buio in una vecchia Repubblica che, specie se saprà accantonare per sempre una Le Pen sconfitta, ha tutti gli elementi per non perdere il filo di radicati valori democratici e Macron ha un background che è una garanzia anche per quella logica di "rassemblement", che è la garanzia per una vittoria fra due settimane, quando l'esito sarà definitivo. Anche se poi dovranno essere i fatti a descriverne con certezza quanto le premesse note si trasformeranno nella realtà di uno scenario politico sempre più complesso a tutti i livelli di governo. La Democrazia, che deve molto alla Francia e il suo ruolo nella Storia, e oggi in crisi profonda e la paura di una sua débâcle deriva proprio dal fatto che le giuste esigenze di cambiamento di regole e comportamenti non si trasformi in vittoria di chi, sotto sotto, coltiva non tanto la deriva populista, quanto il legame indissolubile che esiste fra populismo e la deriva autoritaria. Per questo Marine Le Pen va fermata, perché è ben nota la storia del Front National dalle sue origini ad oggi.