Ricordo un consigliere regionale del passato, di quelli eletti perché umanamente simpatici, che scambiavano il ruolo istituzionale con quello del tuttofare dei piaceri personali. Del tipo che se la Giunta regionale varava un elenco di contributi per il tetto in lose, che non prevedeva alcuno spazio di favoritismi, lui - prima che il destinatario ricevesse la notizia per lettera - si impadroniva dei nomi dei richiedenti da liquidare e telefonava a chi conosceva, annunciando garrulo dell'ottenuta prebenda, come se fosse frutto non di un diritto, ma di una sua decisiva intercessione. Se lo sfottevi per questo suo attivismo clientelare, lui ti guardava storto e ti diceva con convinzione risentita: «Io sono un amministratore, mica un politico!». L'effetto comico era irresistibile.
Mi viene in mente, perché ancor di viva attualità, un ragionamento nel rapporto fra politico e cittadini di mio zio Séverin Caveri, primo presidente della Regione, uomo di principi e, come tale, quasi fuori moda per il suo scomodo franc-parler e per questo, in questi anni, ricordato appena con una logica da minimo sindacale, benché sia stato un gigante nella storia valdostana. In un suo libro c'è un breve scritto del 1947, "Une Maladie Dangereuse", che si rivolge all'Union Valdôtaine, di cui era fondatore e all'epoca leader. Riguarda il clientelismo come metodo di comportamento in politica: «Nous devons avouer que dans la mentalité de plusieurs Valdôtains il y a une superstition qui est solidement ancrée. La fonction des magistrats, par ce mot nous n'indiquons pas le juges, mais tous ceux qui ont reçu un mandat politique, ne serait pas celle de pourvoir aux intérêts publics, c'est-à-dire, aux intérêts de la collectivité, mais plutôt celle de faire "lo pleisi" aux amis, ou à ceux qui se croient etre tels». Seguono cinque esempi: la richiesta di non denunciare un tizio che ha rubato delle piante, pagare la degenza in ospedale di un paziente, "dare una mano" ad una bocciata ad un concorso, evitare un esproprio per far passare una strada e cambiare un parere delle "belle arti" per far costruire una bruttura. «Naturellement ces gens, lorsqu'ils vous demandent les choses les plus invraisemblables, ne manquent jamais de vous dire que leur "amitié" pour vous résistera à la bombe atomique. Pour ces gens, la Loi n'existe pas, l'Administration ne doit pas obéir à des règles de justice ni pourvoir aux intérêts publics: c'est une espèce de Congrégation de charité, qui doit leur distribuer les places, les rubans, les subsides, les privilèges, les faveurs, c'est-à-dire le injustices, en un mot, "lo pleisi". C'est aussi intéressant de remarquer que si vous refusez tout cela, les postulants ont de profondes crises "spirituelles". Le super autonomiste devient centraliste, le chrétien se convertit au bouddhisme, le communiste s'inscrit à la démocratie chrétienne et vice-versa. C'est un petit tremblement de terre, qui découvre que certains "idéalistes" sont des égoïste et des aspirants profiteurs cousus de fil blanc». Mica male come ammonimento, modello alternativo a certa politica e a certa... amministrazione a caccia di voti. Questo non vuol dire essere irrispettosi dei diritti dei cittadini, che sono e restano il punto di riferimento per chiunque si occupi della Cosa Pubblica e non dei fatti suoi, ma semmai è il suo - purtroppo fuori moda - esatto opposto. Figurarsi poi quando l'azione politica diventa reato ed il motore del "do ut des" per fare avanzare le cose è il denaro.