Confesso tristezza ed indignazione nel vedere che cosa sta accadendo alla reputazione della Valle d'Aosta e dei valdostani. Non potrebbe che essere così, dopo aver dedicato una larga parte della mia vita in politica a cercare di dare di noi e delle nostre Istituzioni un'immagine positiva in tutti i ruoli che ho ricoperto. Facendomi forte del fatto di essere rappresentante e portavoce di una comunità considerata degna e solida, pur avendo ovviamente la sua dose di difetti e di problemi, ma nulla che apparisse come patologico e stravolgente. Era di conseguenza con emozione che mi sentivo apostrofare come «il valdostano Caveri» e penso che a molti sia capitato di vivere nel senso di appartenenza questa mia stessa fierezza. Ora mi trovo invece - sogno o son desto? - come smarrito di fronte ad una specie di vespaio, fatto di un fiorir di scandali e inchieste, di cui si vede per ora - così temo - solo una parte, perché altri nodi devono ancora venire al pettine.
Lo sconforto di larga parte dell'opinione pubblica di fronte non a singoli episodi di cui dolersi, ma ad una sorta di mosaico di fatti e persone che infangano un patrimonio collettivo, riflette il mio stesso stato d'animo e mi indigna e mi preoccupa. Lo dico con profonda umiltà senza pensare di mettermi in cattedra, ma certo mi indigna chi fa finta di niente sugli eventi, convinto che tutto vada bene per difendere lo status quo con le unghie e con i denti, come i soldati giapponesi ritrovati nella giungla anni dopo dalla fine della guerra, non sapendo che era finita da tempo. Purtroppo invece - in una sorta di discesa agli inferi che ci costringe a critiche e autocritiche - ci troviamo di fronte ad un baratro, che rischia di inghiottire ogni residua credibilità della nostra Autonomia speciale e delle basi etiche su cui si deve basare la civile convivenza. Eccoci a fronteggiare una crisi profonda e non episodica, cui reagire con convinzione, risalendo indietro fino alle sorgenti più pure degli ideali autonomisti per capire a causa di chi e quando e perché quelle acque terse sono state sporcate. Solo una seria riflessione politica può consentire di ripartire. Certo, rimarco con dolore che cosa penserebbero di certe miserie e di certi voltagabbana alcuni dei padri fondatori del nostro attuale ordinamento politico, visto che loro ben sapevano - uscendo dalla dittatura fascista - come ai diritti dei valdostani corrispondessero altrettanti doveri per essere sempre degni degli sforzi effettuati per ottenere il pur limitato ordinamento che oggi abbiamo. Buttare tutto via e non avere spazi di crescita, ma quasi abituarsi alla rassegnazione a perdere quanto pareva acquisito, appare come un comportamento sconsiderato e immorale. Situazione complessa che ci costringe a metterci a difenderci da critiche più che legittime e ad ammettere che non siamo più l'esempio al quale molte altre vallate alpine guardavano con interesse, se non con invidia. E' triste ma vero: il sistema è in crisi è facilmente attaccabile per la sua fragilizzazione, come una pianta colpita da parassiti che la divorano e la rendono debole in caso di tempesta. Viene naturale, tristemente naturale, chiedersi se tanti sforzi per rafforzare l'Autonomia siano serviti solo per permettere a qualcuno di insozzare un'immagine di serietà e sobrietà in un intrico fra affarismo, negligenza, incapacità e mancanza di parola. Non esagero nel dire che molti valdostani sono stati vittime e complici di una certa politica del degrado attraverso un sistema di fiducia illimitata a chi non lo meritava e anche io, prima di aprire gli occhi, ho avuto stima e considerazione per coloro che ormai da anni considero come affossatori di ideali e speranze. Forse questa "Sindrome valdostana" di fidarsi di chi sarebbe meglio diffidare è simile a quella "Sindrome di Stoccolma", vale a dire la condizione psicologica di debolezza e sudditanza che porta una persona vittima di un sequestro o di un rapimento a manifestare sentimenti positivi (gratitudine o addirittura innamoramento) verso il proprio sequestratore. Tocca ricostruire con serietà e impegno, sapendo quanti segni di crisi si moltiplichino nell'Autonomia politica e finanziaria. E' naturale perciò diffidare di chi cambia posizioni come fossero mutande e evitare quelle scelte di protesta senza sbocchi, che siano candidati privi di background o liste con programmi improbabili, per non dire della scelta suicida degli astensionisti. Ci sono energie sane e persone solide su cui contare per fare pulizia e ripartire senza paura per il futuro e con il sorriso sulle labbra, vista l'inutilità di piangersi addosso e anche grazie al buonumore creato da chi difende l'indifendibile o salta da una posizione a un'altra come una pulce d'acqua.