Mi capita di questi tempi di girare molto la Valle d'Aosta, fuori dal lavoro che già ruota attorno a numerosi incontri che hanno però un perimetro ben diverso. Questo significa - ed è esercizio arricchente e bagno di umiltà per le proprie certezze - di poter parlare a persone molto diverse fra di loro con cui riflettere sulla politica, che poi vuol dire soppesare assieme un vasto campionario di cose della vita. Sono in parte conoscenze o amicizie di vecchia data o anche nuovi contatti con persone con cui mi fa piacere, anzitutto, capire come vedono le situazioni in corso in cui si mischiano le storie personali con quelle della nostra comunità. Non avendo in questa fase di smarrimento complessivo certezze titaniche, il confronto è più che mai interessante in un'epoca nella quale troppo spesso sostituiamo il "faccia a faccia", gli "occhi negli occhi" (diffidare di chi non tiene gli sguardi!), con i pur utili e pratici utilizzi delle diverse messaggerie digitali.
Anzi, la mia impressione è che siamo - proprio per via dei plurimi utilizzi del Web - in una specie di terra di mezzo fra la politica fatta di quello che i francesi chiamano "terrain", cioè incontri personali e di gruppo, e un mondo virtuale che ci fa incontrare persone senza avere un contatto fisico. Cosa trovo di questi tempi in questi dialoghi senza copione e all'insegna della spontaneità Sconcerto, delusione, preoccupazione e non serve elencare in modo minuto le ragioni, i motivi, i personaggi, perché quel che conta è lo stato d'animo che deve far suonare un campanello d'allarme. Certo, alla fine si finisce in politica per porsi la solita domanda: è bene criticare quel che fanno gli altri oppure dire che cosa noi vogliamo fare? E' una questione antica ed un equilibrio delicato fra due atteggiamenti, che si fa pressante quando esistono forze politiche che oggi usano - come metodo - sempre e solo la ferocia degli attacchi, mentre sul piano concreto e propositivo mantengono logiche fumose e indistinguibili. Si tratta di un modo di porsi che sembra avere successo, perché intercetta quella parte molto ampia di persone arrabbiate, che ragionano di pancia e cedono a sirene populiste e demagogiche. D'altra parte se il metodo funziona perché chi ne ricava consensi dovrebbe cambiare? Governare è difficile e faticoso, per chi lo faccia seriamente e con le competenze necessarie, per cui - anche quando mi è capitato di essere critico - l'ho fatto, nel gioco dei ruoli che contrappone maggioranza e opposizione, con una logica costruita attorno ai due lati della medaglia. Tocca scomodare - per l'uso che se ne fa - Francis Bacon (o Francesco Bacone) che nel Cinquecento rifletteva sulla necessaria coabitazione fra una "pars destruens" (cioè la critica alle idee e alle posizioni altrui) e una "pars costruens" (vale a dire l'indicazione propositiva della strada da seguire). Ebbene se il discorso, finiti gli sfoghi e i dispiaceri, si sposta sulla parte costruttiva emerge quanto è essenziale negli esiti di questo carotaggio della società valdostana. Vale a dire che ci si trova di fronte ad una quantità e qualità rassicuranti di idee e proposte che guardano al future, che sostanziano in effetti quella "pars costruens" già citata. Anzi bisognerebbe - usando un'espressione impiegata e forse abusata - cambiare paradigma e adottare una felice intuizione di Paolo Coelho: «Ogni essere umano, nel corso della propria esistenza, può adottare due atteggiamenti: costruire o piantare. I costruttori possono passare anni impegnati nel loro compito, ma presto o tardi concludono quello che stavano facendo. Allora si fermano, e restano lì, limitati dalle loro stesse pareti. Quando la costruzione è finita, la vita perde di significato. Quelli che piantano soffrono con le tempeste e le stagioni, raramente riposano. Ma, al contrario di un edificio, il giardino non cessa mai di crescere. Esso richiede l'attenzione del giardiniere, ma, nello stesso tempo, gli permette di vivere come in una grande avventura».