Mi capita in politica - e penso di poterlo scrivere con conoscenza di causa - di ascoltare polemiche oziose e di sentire pure promesse mirabolanti. La preoccupazione di troppi sta nelle elezioni e nella raccolta di voti, che in democrazia sono importanti, ma lavorare solo con questo assillo è una malattia, che crea politici i quali, più che a lavorare in ufficio, pensano a girare come trottole alle manifestazioni per farsi vedere e procacciare consensi, chiamandolo «stare all'ascolto». E chissà come mai a questi atteggiamenti di una politica litigiosa e contaballe, che poi non tiene conto neppure delle indicazioni delle urne e non risolve i problemi, corrisponde una crescita mostruosa dell'astensionismo e un crescente disprezzo verso i politici, indicati come «una massa di incapaci», senza troppe distinzioni. Segno che i conti non tornano e la democrazia, come sistema rappresentativo, va in crisi e cresce la tentazione o di non votare o di votare chi peggiorerà le cose.
Ci riflettevo rispetto ad un fenomeno che mette angoscia. La società valdostana vive una clamorosa crisi demografica e lo dimostrano i dati con le morti non compensate dalle nascite, la ben nota crescita zero (nel 2016, 962 nati contro 1.385 morti). Lasciano la Valle - e ciò dimostra molte cose dell'economia che arretra - anche gli immigrati un tempo chiamati "extracomunitari" (2,6 per cento in meno negli ultimi mesi). Da tempo proprio questo immigrati, che erano ancora 8.257 un anno fa, alimentavano la "maternità" di Aosta ed oggi se ne vanno, ed è un segno di come l'integrazione non funzioni affatto. Questa denatalità preoccupa e mostra in modo chiaro, al di là di ogni analisi sociologica in grado di mostrare le diverse motivazioni personali, che è grande come una casa la mancanza di una politica vera a sostegno delle famiglie. Macroscopico - per fare un solo caso - è il costo ormai folle degli asili nido, che impoverisce le famiglie e certo non spinge fare più di un figlio per coppia, media su cui ci si sta assestando. Ma come si comporteranno quei giovani in numero decrescente in una Valle d'Aosta di vecchi sempre più vecchi con tutti i problemi conseguenti? Ecco due esempi di problematiche. Il primo riguarda la trasformazione di alcune scuole superiori in ghetti per ignoranti, dei parcheggi in attesa che scatti l'abbandono scolastico e pare che neppure il "pugno di ferro", ammesso che si possa usare, sortisca risultati con chi non riconosce autorità, spesso spalleggiati dalle famiglie. Al posto di fare in modo che la società di domani conti su persone preparate e consapevoli ci si rassegna all'esatto contrario con sacche di persone che non avranno mai gli strumenti per essere cittadini. Il secondo è, invece, che molti dei ragazzi capaci se ne vanno per non tornare più. Pensate per motivi prevalentemente di disoccupazione nella fascia fra i 25 ed i 34 anni andavano via dalla Valle nel triennio 2005-2007 lo 0,4 ogni mille abitanti, il dato è salito al 4,2 nel triennio fra il 2011 e il 2013 e sta peggiorando. Ne parlavo giorni fa con un giovane in gamba che studia a Parigi, che manifestava con piena consapevolezza l'esistenza di questa diaspora di ragazzi valdostani che decidono di vivere e lavorare altrove. Buon per loro - verrebbe da dire - ma non buon per noi, che perdiamo le energie migliori, come se fossimo un Paese del Terzo mondo. Fenomeno confermato da molti genitori miei coetanei con figli e nipoti sparsi in giro per il mondo, che tornano qui giusto per le feste comandate. Questi sono temi seri di fronte ai quali una classe politica deve reagire nel nome e per conto dei propri elettori. Le logiche di piccolo cabotaggio senza idee, il "panem et circenses" con logiche clientelari, la candidatura di persone "popolari" ma senza cultura fa sì che ai grandi temi del futuro non ci siano risposte. Il Consiglio Valle e gli Esecutivi "usa e getta" inseguono le cose senza avere il respiro di guardare più in profondità e questo a dispetto delle persone serie e capaci che ci sono, costrette a usare il sindacato ispettivo per fare emergere scandali e magagne. Si perde così di vista l'avvenire e sfugge il senso profondo della Politica con visioni asfittiche e la gestione della Cosa pubblica diventa il disbrigo dell'ordinaria amministrazione e talvolta neppure più quello.