Basta sostare nel dehors in un bar all'ora canonica per farsi un'idea. Propongo come luogo di osservazione la bella area esterna del "Tanpì" di Verrès, bar ristorante aperto da un annetto, che fu - prima della radicale ristrutturazione - luogo storico del ristorante del ristorante "Chez Pierre" della famiglia Colombot-Bettoni. In una pausa di quello che i francesi chiamano con ironico italianismo "farniente" (douce oisiveté, état d'heureuse inaction), si può osservare il rito sociale dell'aperitivo, che non ha età e condizione sociale, ma crea mélange interessanti fra amici, conoscenti, familiari attorno ad uno o più bicchieri.
Paolo Srefanato così discettava sul tema su "Il Giornale": «Bisogna distinguere tra sostantivo e aggettivo. Come sostantivo, a dispetto della derivazione latina, entra nella lingua italiana sul calco dal francese "aperitif", tra la fine dell'Ottocento e i primissimi anni del Novecento. In Francia la consuetudine di una bevanda che precedesse il pasto venne introdotta da Caterina de Medici, sposa di Francesco I; la derivazione dal verbo latino "aperire", che significa "aprire", servì a indicare una bevanda che "apre" al cibo o, semplicemente, al desiderio di dissetarsi. Ma la parola classica, "aperitivus", è un aggettivo, e come tale trova ampio spazio nei vocabolari, soprattutto antichi; con quel suo significato di aprire, attiene al modo della medicina, dei rimedi, e viene abbinato a erbe, radici, infusi. Per il Gabrielli significa "che ha blanda azione lassativa", per il Dir "che apre lo stomaco", per il Rigutini Fanfani "che ha virtù di aprire i pori del corpo e di favorire le secrezioni e le escrezioni"; il Devoto Oli va più in dettaglio, "che apre la via per l'eliminazione di sudore, urina, feci". Numerosi i sinonimi: "Stomachico", cioè atto a stimolare le secrezioni gastriche, "Apertivo", "Apritivo", "Aperiente"; il Palazzi aggiunge "Purgante", "Eupeptico" (quest'ultimo è detto di rimedio che facilita la digestione: quello che noi chiamiamo "digestivo"). Il D'Aberti cita degli "Aperienti", quali la "Spuma di marte", il "croco di marte", il "magistero di marte", parole che evocano i misteri delle alchimie (nella terminologia alchemica, marte è il "ferro"). Interessante il Panlessico, che alla voce "Aperiente" (alla quale viene rinviato chi cerca la parola "Aperitivo"), presenta come definizione "che apre, che stura, che deostruisce": si potrebbe dedurre che l'Idraulico liquido o l'acido muriatico sono aperienti e, quindi, aperitivi. Quante spaventose conseguenze potrebbe innescare l'equivoco!». Così prosegue con amabile ironia: «Riproponiamo quello che diceva il Panzini alla voce "Aperitivo" nel suo "Dizionario moderno": "Dal francese "aperitif": sarebbero propriamente le bevande che servono a dilatare i pori e rendere fluidi gli umori. Viceversa poi oggi son detti "aperitivi" o "aperitifs" certi eccitanti spiritosi, abilmente combinati fra di loro nelle liquorerie o mescite (bar, buvettes), allo scopo di aprire le valvole dello stomaco per mangiare con più appetito. Avverti che uno stomaco sano non richiede né tonici né cordiali: se è ingombro, acqua, moto e dieta sono la ricetta migliore. A cui aggiungi: lieto cuore, quando si può". Il Panzini, volutamente non utilizza qui la parola "cocktail", voce che tratta così: "Nome di bibita americana (Stati Uniti) composta d'absinthe, di bitter olandese, di whisky, di limone e di ghiaccio pestato, il tutto battuto in uno speciale apparecchio. Se ne fanno molte combinazioni, la migliore è farne senza". Ma ormai albergano altre espressioni, una - direi meteora - è stata "Happy hour" (letteralmente "ora felice" in lingua inglese), espressione - assai discussa per il rischio di sbornia colossale a carattere collettivo - di marketing anglosassone che indica un periodo nel quale un esercizio pubblico come un ristorante o un bar offre sconti sulle bevande alcoliche quali la birra, il vino e appunto i cocktail. Ormai radicata è, invece, la parola "apericena", così descritta dallo scrittore Giampaolo Simi su "L'Espresso": "E' nato nella Milano degli anni zero che qualcosa da bere, evidentemente, ce l'aveva ancora. In Piemonte rivendicano con orgoglio sia la merenda "sinoira" - vale a dire serale - che per i contadini sostituiva la cena, sia l'invenzione dell'aperitivo per eccellenza, il vermut. In Toscana, da sempre l'indole socievole e l'arte dell'indugio tipicamente labronici hanno reso Livorno l'antesignana dell'aperitivo lungo, anzi, interminabile. Per qualcuno "apericena" è il paroloide di una non-lingua, ma se non altro manda in pensione obbrobri come "aperitivo cenato". Il genere del vocabolo è tutt'ora incerto. Il sesso di una parola non lo decide qualcuno per decreto, ma io mi sono rivolto comunque ai numi tutelari della lingua italiana. Per la Treccani l'"apericena" può essere indifferentemente maschile o femminile. L'Accademia della Crusca al momento non si pronuncia e io, in questo articolo, non saprò se a un'apericena l'apostrofo ci va o no». Aggiunge Simi: «Ormai è sempre più robusto, frittura e primi caldi sono quasi la norma. Come dimostra la parola, il fratellino minore aperitivo s'è ormai inglobato la sorella cena. Che siate in Borgo Stretto a Pisa o al porto turistico di Rosignano, si può praticamente cenare spendendo fra i cinque e dieci euro. In tempi di crisi, è una soluzione apprezzabile. Ma attenti, nessun locale sottolinea più di tanto l'aspetto gastronomico. L'apericena è una questione di atmosfera». Giusto, tranne che "sinoira" sta per "cena" e non "serale"! Come va ricordato che fra gli antesignani dell'apericena - penso a tardi pomeriggi dopo lo sci nella trattoria "da Moīse" ad Arnad con belle combriccole - c'è la valdostana "bocon-à", che non è solo una merenda o uno spuntino, ma una filosofia di vita, che mostra come una comunità sappia investire in momenti conviviali. I miei aperitivi? Secondo le età. Ci sono state epoche piuttosto maudit da ragazzo, tipo "Negroni". Oggi vivacchio con birra o con lo "spritz", che è un frutto del caso diventato fenomeno mondiale. Certo ci sono lo champagne ghiacciato o qualche buon spumante, che pare - occhio al bon ton! - più elegante chiamare "bollicine".