Strano inverno - ammesso che lo sia - quello che stiamo vivendo e ciò rende ancora più singolare quel chiacchierare in modo banale sulla meteorologia che sfocia nella climatologia. Da argomento di conversazione standard è ormai diventato uno degli aspetti compulsivi del nostro digitare su diversi apparati con cui da dovunque possiamo cercare l'impossibile. «Che tempo farà?» diventa un must della quotidianità e forse siamo meno attenti a come, nel dilatarsi del tempo verso il futuro, questo si cristallizzerà per via delle mutazioni profonde del clima su cui i decisori politici più importanti paiono fare spallucce. Al di là di qualunque considerazione ideologica, in un'epoca in cui troppi confronti diventano scontri con interlocutori che non si ascoltano l'un l'altro, questa questione del turismo invernale con poca neve deve fare riflettere.
So bene che nell'azzardo del tempo - basta guardare semplicemente gli ultimi due anni - nella roulette del caso sono uscite due stagioni, una l'anno passato buona per il versante Sud, l'altra quest'anno per il versante Nord. Ma il trend resta chiaro: con il riscaldamento anche sulle nostre montagne sarà difficile, qualunque perturbazione arrivi, avere neve sotto una certa quota, più bassa che in passato. Non inseguo sia chiaro le sirene dei turismi alternativi e "dolci" contrapposti agli sport invernali, in primis lo sci alpino. Nel senso che va bene far prosperare qualunque nicchia di mercato con proposte nuove ed originali, ma i flussi maggiori inseguono la neve e certo avere da noi stazioni a quote più elevate che altrove è premiante. Sarebbe bene a questo proposito aprire un largo dibattito, che riprenda in toto il filo di settori che si incrociano perché il Turismo è materia in cui convergono tante cose ed il rischio è sempre quello di una visione settoriale con pezzi che non combacino in un puzzle complessivo. In questi giorni in cui il cielo è straordinariamente azzurro sopra la corona di montagne della Valle e le piste di sci - alimentate in buona parte da neve artificiale - si mantengono bene, malgrado temperature inusuali che scaleranno nuovi record e pensavo a proposito proprio alle enormi potenzialità che derivano da questi nostri panorami. Noi, abitandoci, ci facciamo il callo, ma chi vede queste nostre bellezze con occhi esterni resta davvero vivo un piacevole stupore e persino un incantamento. Dopo aver fatto sci ai piedi da Ayas verso Alagna Valsesia, attraverso Gressoney-La-Trinité, mi sono seduto nei tavoli all'esterno di un nuovo locale, tenuto da amici, sulle piste del Crest sopra Champoluc, attorniato da stranieri - svedesi, inglesi, svizzeri, francesi... - del tutto gaudenti per una buona tavolo ed anche una buona cantina in un belvedere-solarium mozzafiato. In occasioni del genere - penso pure ai turisti ammaliati dalle gare di Coppa del Mondo di fondo a Cogne di questi giorni - dobbiamo misurare con serietà l'enorme patrimonio che abbiamo in mano, già ben sfruttabile facendo crescere il mercato ed avendo strutture di accoglienza e servizi pubblici sempre più performanti. Bisogna parlarsi di più, essere franchi nel cammino delle migliorie, non fare piagnistei sul ruolo pubblico sopravvalutato, avere capacità imitative e comparative, capire le occasioni di lavoro e di imprenditoria che i valdostani non sfruttano. Insomma: un dibattito che sia un lavoro, sapendo il peso che Turismo e affini sviluppa in questi tempi in cui è naturale essere inquieti. Questa idea di grandi cantieri aperti su temi cardine del nostro futuro mi sembra più convincente che continuare ad alimentare polemiche e odi di un Politica sempre più introflessa è autoreferenziale, mentre tutto in realtà va avanti lo stesso, malgré nous... Ma potrebbe andar meglio.