Ci sono coppie di parole, una e il suo contrario, che campeggiano sullo scenario desolante di questa pandemia, sottostimata quando era nella lontana Cina e che ci ha costretti, in oggettivo ritardo, ad un cambio brusco delle nostre vite ed a conseguenze varie che avranno una lunga coda e porteranno ad evidenti cambiamenti. La prima coppia di parole che mi viene in mente è "vero/falso", che ci accompagna ormai da mesi, riempiendoci spesso di confusione, non solo per la diffusione di "fake news" le più incredibili, ma per la ridda di notizie contraddittorie rispetto alle quali ciascuno di noi ha dovuto fare lo slalom. Una seconda coppia è "ordine/disordine" per le scelte ondivaghe che abbiamo subito, spesso dall'oggi all'indomani senza alcun rispetto per noi cittadini, considerati marionette poco affidabili, dando per scontato che solo mezze verità e decisioni draconiane ci avrebbero permesso di essere responsabili.
Strettamente collegata è la terza coppia "chiarezza/opacità", mancando nelle decisioni quella linearità e quelle spiegazioni comprensibili e non avvolte da fumisterie scientifiche, quando la Politica è stata balbettante e poco efficace e si nasconde dietro a "task force" ed agli esperti come "guru" o capri espiatori, secondo le necessità. Leggevo su "Huffpost" le riflessioni di un vecchio amico, Presidente emerito della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick in una efficace intervista di Stefano Baldolini, da cui vorrei trarre alcune frasi significative, che hanno come filo conduttore i valori costituzionali, che di questi tempi sono calpestati. Fulminante Flick: «In questo contesto, di fronte agli scossoni, la Costituzione che prima pensavo fosse semplicemente un manuale di convivenza, diventa un manuale di sopravvivenza. Pensiamo alla bellezza della globalizzazione, alla meraviglia della scienza e della tecnologia, poi arriva la pandemia e si muore soli, dovendo rinunciare addirittura al conforto di una presenza e al culto dei morti. La Costituzione è profondamente attuale, ma va attuata». Poi Flick si occupa dell'idea degli esperti non fare più uscire di casa le persone con più di sessant'anni: «Una proposta che da tempo non esito a definire oscena, perché è in palese contrasto con la Costituzione: da quando, con una pessima battuta, qualcuno ha detto che i vecchi non devono più votare; e che come regola generale i giovani hanno la precedenza nelle cure che richiedono mezzi con disponibilità limitata. Pur in buona fede stiamo introducendo un parametro di distinzione fondata soltanto sul coefficiente anagrafico, che si collega con gli altri parametri di diversità, ma non è previsto dalla Costituzione come tale, perché c'è la discriminazione di chi è inutile, di chi non rende più, di chi non dà profitto. Una discriminazione che accantona tutti i valori di tradizione, di esperienza, di presenza, che l'anziano può dare. Addirittura la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha detto che gli anziani non possono uscire prima del 31 dicembre 2020. Io ho già detto altrove: e perché non nel 31 dicembre del 2030? Così il problema sarà ampliamente risolto in modo più drastico». Per la cronaca la proposta di non fare più votare gli anziani è di Beppe Grillo, i suoi "grillini" sono al Governo. L'intervistato si occupa poi della Salute: «Stiamo riscoprendo il valore del diritto alla salute come espressione fondamentale dell'identità di ciascuno, ma anche di solidarietà. Quella formula della Costituzione: la salute è un diritto fondamentale del singolo ed è un interesse della collettività, sta a significare proprio questo, che il mio star bene in salute non può essere solo l'esaltazione libera da ogni confine del mio diritto all'autodeterminazione. Posso star bene, posso uccidermi, il fine vita. Ma io posso star bene e rifiutare i farmaci a cui son contrario a condizione che questo non danneggi gravemente le condizioni degli altri. Lei ricorderà la polemica e il dibattito anche costituzionale sulle vaccinazioni o sulla protezione dei più deboli nel fine vita. Tutto ciò discende dall'articolo 2 della Costituzione che non ricordiamo mai ma che dice che i diritti inviolabili devono coniugarsi con i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, e sociale. La solidarietà è essenziale come principio costituzionale per garantire l'equilibrio tra l'eguaglianza di tutti e la diversità di ciascuno. L'equilibrio tra la eguaglianza e la diversità che sono essenziali per l'identità e quindi per la dignità della persona, è assicurato dalla solidarietà che impedisce che l'uguaglianza si risolva in massificazione o al contrario la diversità si risolva in sopraffazione-discriminazione». Poi Flick si occupa di un tema cruciale: «La mia preoccupazione è che al contatto sociale umano si finisca per illudersi che sia sufficiente sostituirsi il contatto digitale. Cito il caso del Parlamento. Che non può restare a casa, anzi, deve stare sempre in piazza, non può limitarsi a votare telematicamente, non può essere delegittimato. In questi giorni, di fronte al caso della app "Immuni" sui tracciamenti sanitari, e delle sue limitazioni, finalmente si è detto: "ma vogliamo sentire anche il Parlamento?". Ma dico: stiamo scherzando?». Pensate solo che martedì in Francia il Primo Ministro Edouard Philippe si presenterà all'Assemblée Nationale ad illustrare la "fase 2" e ci sarà un dibattito parlamentare in aula e non in videoconferenza con un voto finale! E il Presidente Emmanuel Macron, che all'inizio del suo mandato era pieno di boria per i suoi "prérogatives régaliennes" ha come non mai capito l'importanza di concertare le cose con le autorità locali, mentre da noi Palazzo Chigi impone e dispone, senza averne i poteri e con decisioni che cambiano troppo spesso. Flick lo segnala: «Un metro di distanza? Due metri? Quando usare la mascherina? Si può fare la grigliata in terrazza? Non scendo nei dettagli tecnici, che quasi scadono nel pettegolezzo normativo. Senta, noi abbiamo un volume di quasi trecento pagine sul materiale normativo che si è accumulato per regolare le minuzie della lotta al virus nello spazio di un mese o due. E' inconcepibile pensarci. E' vero che siamo in un Paese - come diceva Giolitti - in cui le leggi per gli amici si interpretano e per gli altri si applicano, il che vuol dire che più leggi ci sono sullo stesso argomento, più si offrono elementi ed alternative per il lavoro dei giudici e per gli avvocati. Ma la legge andrebbe letta e interpretata con un atteggiamento di buona fede, e forse in un certo periodo bisognerebbe evitare l'emanazione di nuove norme». E ancora: «La sequenza dei decreti del presidente del Consiglio che si sono susseguiti è discutibile, e porta a un problema di fondo: come possono nascere queste limitazioni? I vincoli alla libertà della persona devono trovare riferimenti nella Costituzione. In quest'ultima si dice che per limitare la libertà personale occorrono due tipi di garanzie, la legge e l'intervento del giudice. Per limitare la libertà di circolazione per ragioni di sanità è sufficiente la garanzia della legge; ecco l'importanza del Parlamento come presidio fondamentale della democrazia. Il resto verrebbe di conseguenza: il Governo e in certi casi i presidenti di Regione possono intervenire con provvedimenti di urgenza, da limitare al massimo, previsti dalla legge sulla Protezione civile del 2018. E soprattutto, occorre che gli interventi di carattere emergenziale che comportano dei limiti alla libertà di circolazione siano proporzionati, adeguati, ragionevoli e non discriminatori, temporanei e non destinati a sopravvivere quando viene meno l'emergenza». Parole al vento, temo, e stupisce che il Partito Democratico sia ormai "grillizzato" e pure entusiasta del "Giuseppi" nazionale, non capendo dove si rischia di finire. Ma, pur di restare al potere, i ministri in carica "piddini" sono pronti a tutto.