La scuola riprenderà a settembre e ritengo sia una sconfitta e, se sono una mosca bianca, allora tant pis pour moi. Lo dico ai molti che la pensano diversamente e sono, sul punto, molto suscettibili. Personalmente credo che ci siano, dalle materne ai sedici anni - limite dell'obbligo scolastico che inizia in prima elementare - almeno tre buone ragioni perché la scuola sia considerata - com'è - un servizio pubblico essenziale. Conoscendo le specificità territoriali, eviterò di dire che in Svezia le scuole non sono mai state chiuse o che, in modo scadenzato, nelle Regioni a noi confinanti di Francia e Svizzera si riprenderà a breve e Trento e Bolzano stanno cercando una strada autonoma da Roma. Così come non mi infilo in storie scientifiche più grandi di me: mi limito a dire che i bambini ed i ragazzi sono raramente vittime del contagio e non è vero che sono particolarmente vettori del virus.
Aggiungo che naturalmente nessuno è così stupido da pensare che un'eventuale apertura non debba avvenire con tutte le misure di sicurezza necessarie e preciso che potrebbe essere anche consentita la discrezionalità dei genitori di non mandare a scuola i figli nelle settimane restanti, facendo seguire le lezioni da casa via Internet a beneficio di chi ha paura ed anche per tranquillizzare le mamme e figli afflitti da "mammismo". La prima ragione della riapertura ha un valore pratico e simbolico e sta nel ruolo della Scuola che non può stare chiusa per il suo mandato ma essenziale ed aggregante. Questi mesi di chiusura hanno permesso di appurare che non ha funzionato in modo eguale l'insegnamento a distanza attraverso il Web. Qualcuno (pochi) era pronto alla sfida, gli altri si sono arrabattati fra colpi di genio e poca roba, in questo caso scaricata su genitori diventati, malgrado loro, insegnanti senza averne le competenze. In più, al di sotto di una certa età, l'autodisciplina non esiste e non c'è l'autonomia che consente di fare da soli. Apro parentesi: immagino che chi è dotato di ampie competenze didattiche dirà che la mia è un'invasione di campo e che spetta agli esperti dire come stanno le cose. Hanno ragione, ma penso che sia legittimo anche per i genitori, già studenti, dire la loro. Aggiungo che, quando ai tempi del Ginnasio contestavo i "decreti delegati" che hanno creato gli ancora viventi organi di democratizzazione della scuola, avevo ragione nel dire che si trattava di aria fritta, perché ancora oggi genitori e studenti restano in sostanza belle statuine su decisioni prese da altri. La seconda ragione per riaprire le scuole è che i genitori, riavviate le attività economiche, non saprebbero come fare con i figli più piccoli e neppure il salvagente dei nonni - soggetti a maggior rischio - verrebbe in soccorso e gli aiuti pubblici per le baby-sitter, ammesso che si trovino, sono ridicoli a fronte di persone che in questi mesi hanno avuto difficoltà a fare la spesa. I congedi parentali? Che siano i dodici giorni del decreto o tutte le altre formule consentite dalla normativa, non sono una soluzione vera perché essenzialmente significano: state a casa a guardare i figli, non andate a lavorare. Che per certi genitori che possono e vogliono farsi bastare un sussidio può anche essere meraviglioso. Per tutti gli altri è più complicato. La scuola deve dunque fare il suo dovere anche in questo e non è affatto uno svilimento, perché andare in aula non è un parcheggio, ma una sinergia che consente di tornare alla normalità senza diacronia e sfasamento fra Scuola e Lavoro. Perché è importante ricordare che la scuola pubblica è stata creata come istituzione per dare istruzione a tutti i bambini, ma anche speranza a tutti i genitori in un futuro per i loro figli. Aggiungo, per chi ritenesse terminato il problema a giugno, che una volta chiuso sulla carta l'anno scolastico, i genitori dovranno affrontare anche il problema dell'estate con i centri estivi chiusi (perché una deroga in questo senso sarebbe ridicola, no?) le ferie ed i congedi esauriti in questi mesi. Come potranno fare le famiglie? Ultima cosa, ma forse la più importante. La scuola serve a dare uguali possibilità a tutti e l'insegnamento a distanza penalizza le fasce più povere o le famiglie meno acculturate, creando una frattura sociale, peggiorata dal divario digitale di chi non ha connessione o strumenti informatici. Questo non è tollerabile e fa venir meno uno dei capisaldi della scuola pubblica. Lo dice al comma uno l'articolo 34 della Costituzione, anche se i costituenti non potevano certo immaginare scenari come quello attuale, ma resta potente quel «La scuola è aperta a tutti». Cui si aggiunge quel comma tre che andrebbe scolpito sulla pietra: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Post scriptum: Un cenno finale rispetto alla posizione dei sindacati scuola valdostani, che dicono che si deve parlare di riapertura solo «quando l'emergenza epidemiologica sarà scongiurata». Visti i rischi di un parziale ritorno del virus in autunno - che cito perché lo dicono virologi autorevoli - vorrebbe dire scuole chiuse anche allora? Spero sia solo un'espressione infelice nel comunicato, perché a quel punto la frattura sociale di rinvio in rinvio sarebbe ancora peggiore.