Noi valdostani, definizione che fotografa una comunità frutto del meticciato durante tutta la sua storia e di cui la Valle d'Aosta di oggi è il frutto, siamo oggi posti di fronte all'emergenza "covid-19". Vorrei dire che questa situazione ha posto ciascuno di noi in una situazione senza precedenti per la gran parte delle generazioni viventi e questo è un tratto comune all'Occidente. Ho vissuto questi mesi come cronista curioso e cittadino impegnato ed ora in un ruolo politico. In questa veste, mentre si svolge lo screening di una parte degli insegnanti, ho visitato il "drive-in" dove si svolgono i test con i tamponi nell'area dell'"Espace Aosta", già stabilimento della "Cogne" nel capoluogo. Lì si presentano i cittadini in auto e vengono sottoposti alla prova rapida ed eventualmente al tampone più approfondito nelle due strutture con medici, infermieri, militari ed altro personale volontario. Una macchina efficace che, come una catena di montaggio, consente grandi numeri e rapidità di diagnosi. Poco più in là ho visitato l'ospedale da campo allestito in un grande capannone dall'Esercito assieme alla Protezione Civile. Un lavoro puntuale e utilissimo per sgravare l'ospedale "Parini" di Aosta.
Cito questo esempio, come potrei fare con altre iniziative prese in questi mesi. Certo tutto è perfettibile, restano molte criticità e ancora molta paura aleggia in questo periodo così travagliato. Ma vorrei che si mettesse da parte quanto di polemico si potrebbe dire e puntare su quanto, almeno una volta, vorrei osservare. Mi riferisco alla grande abnegazione di quanti si stanno adoperando da mesi per contrastare il coronavirus e la sua ingombrante presenza che ha avuto gravi risvolti sanitari, mettendo a nudo la nostra fragilità. Altre conseguenze sono una crisi economica e sociale che bisogna affrontare in modo risoluto e cercando strumenti nuovi, che necessitano coesione ed inventiva. Sono occasioni di intervento e di confronto che non hanno un riferimento e dunque si agisce cercando di fare il possibile e spesso non sarà il meglio, ma il terreno su cui si agisce è impervio e difficile. Per questo io vorrei, senza alcuna particolare autorità per farlo, segnalare lo sforzo corale in corso e la determinazione di chi combatte sul campo. Ciò avviene in corrispondenza ad un elevato senso civico dei valdostani. I disturbatori sono pochi rispetto alla popolazione e, per quanto siamo chiassosi, sono solo un elemento fastidioso, cui non badare. Invece la stragrande maggioranza osserva le regole e compartecipa a quanto necessario in un momento triste che resterà nei nostri cuori e nelle cronache che diventeranno storia. Vorrei che ci fosse questa consapevolezza dell'impegno e della disciplina che attraversa tutta la Valle. Credo che sia giusto esserne consapevoli, sapendo che ancora non si può tirare il fiato e bisogna stringere i denti. Bisogna farlo come piccola Regione Autonoma nel cuore delle Alpi, avendo coscienza che nelle misure prese a Roma spesso non esiste intelligenza e conoscenza rispetto all'evidente particolarità di una piccola scala come è la nostra dimensione in un territorio montano. Questo genera la conferma che il nostro Ordinamento autonomistico va rafforzato, perché ogni giorno e miriadi di questioni puntuali dimostrano come il modello centralistico che ci viene imposto non funziona e spesso non abbiamo strumenti giuridici per affermare una banalità. Con maggior libertà e più risorse siamo in grado di scegliere il da farsi, ammesso che si sappia assumere decisioni coraggiose e prendersi le proprie responsabilità. Quanto sta avvenendo sarà una lezione ruvida ma preziosa, che ci pone di fronte al dovere di riflettere sui meccanismi della nostra Autonomia per fare meglio. Le emergenze servono a questo, far crescere l'impegno per migliorare ed assumersi quanto da sempre è più difficile: assumersi le proprie responsabilità ed affermare che i propri diritti sono importanti e vanno conquistati attraverso il lavoro quotidiano.