Il titolo è già illuminante: «In pandemia nessuna concorrenza di competenze. La Corte costituzionale promuove un ritorno al "regionalismo della separazione"». Così si sintetizza un lungo e articolato intervento sul "Forum di Quaderni Costituzionali" destinato alla rivista "Le Regioni" scritto con maestria dal Professor Giovanni Boggero, costituzionalista torinese, a proposito della sentenza numero 168 del 12 marzo 2021 con cui venne bocciata la ben nota, in Valle d'Aosta, legge regionale che intendeva adattare una serie di norme sulla pandemia dettate dallo Stato per armonizzarle all'ordinamento valdostano. L'oggetto del contendere fra Stato e Regione autonoma è stata - premette Boggero - «la legge della Regione Valle d'Aosta - Vallée d'Aoste 9 dicembre 2020, numero 11 (Misure di contenimento della diffusione del virus Sars-CoV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d'Aosta in relazione allo stato di emergenza) - già preventivamente sospesa in via cautelare con ordinanza numero 4/2021 - nella parte in cui rendeva le disposizioni di legge statale preordinate al contenimento della pandemia da "covid-19" non immediatamente applicabili sul territorio valdostano, subordinandone, anzi, l'efficacia alla previa compatibilità con un regime normativo diverso e alternativo, asseritamente fondato su puntuali competenze costituzionali e statutarie».
«Il giudizio, originato da un ricorso in via principale dello Stato - prosegue - ha offerto alla Corte costituzionale l'occasione di pronunciarsi per la prima volta sui principi che dovrebbero reggere il rapporto Stato-Regioni nel corso di una pandemia e, più nello specifico, di affrontare la questione della competenza legislativa di Regioni e Province autonome ad adottare sistemi di contenimento e di prevenzione dell'emergenza epidemiologica difformi (in ipotesi anche totalmente) da quelli statali». Tracciato il quadro politico in cui emerse questa legge, con un accordo fra autonomisti e la Lega pur all'opposizione, da cui si chiamò fuori la Sinistra alleata per formare il Governo Lavevaz, Boggero così spiega: «L'articolato normativo si ispirava, per così dire, a un favor libertatis sconosciuto alla legislazione statale allora in vigore, sancendo l'originario articolo 1 della proposta il principio generale in base al quale tutti i servizi di natura economico sociale potessero svolgere regolare attività nel rispetto dei protocolli elaborati in sede regionale, salve le misure più restrittive (ovvero ulteriormente mitigative) che il presidente della Regione avrebbe potuto adottare con propria ordinanza; l'articolo 2 stabiliva, invece, l'istituzione di una Commissione di esperti con funzioni consultive a supporto degli organi regionali competenti all'adozione delle misure; l'articolo 3 e l'articolo 4 prevedevano, infine, una clausola di invarianza finanziaria e la dichiarazione d'urgenza della legge». Dal lavoro in Commissione emergeva - come ricorda il costituzionalista - «un nuovo articolo 1 introduttivo, in base al quale la legge avrebbe avuto lo scopo di disciplinare "la gestione dell'emergenza epidemiologica da "covid-19" sul territorio regionale" e di introdurre "misure per la pianificazione della fase di ripresa e di rilancio dei settori maggiormente colpiti dall'epidemia" in un contesto di riaperture per il turismo invernale che sembrava dover interessare tutta la Repubblica di lì a poco. Venivano, inoltre, aggiunti due nuovi articoli, l'articolo 4 e l'articolo 5, il primo dei quali attributivo di poteri di coordinamento degli interventi al presidente della Regione e il secondo, di carattere meramente programmatico, che impegnava la Giunta a predisporre un piano di rilancio economico». Sulla prima ordinanza del presidente Lavevaz il Governo decise l'impugnativa al TAR della Valle d'Aosta, che non accettò la richiesta di sospensiva e in sostanza la palla passò alla Corte Costituzionale. Ci fu anche - lo evoca Boggero - una vicenda abbastanza surreale. Avendo il Governo Conte bis la necessità per rinascere dalle proprie ceneri, di avere il voto favorevole a Palazzo Madama del senatore valdostano, il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia ipotizzò un ritiro del ricorso per compiacere la Regione autonoma. La questione sfumò e venne la sentenza della Corte. Il professor Boggero offre a questo punto un'analisi puntuale, in punta di Diritto, della decisione della Consulta con questa premessa illuminante: «La Corte costituzionale aderisce alla tesi semplificatoria dell'Avvocatura dello Stato e annulla la legge regionale valdostana». Ovviamente il commento va letto per intero, ma mi permetto di citarne qualche passaggio, a beneficio anche di chi non sia avvezzo al Diritto costituzionale, ma se ne coglie il senso, ricordando come la Corte Costituzionale avesse aderito alla richiesta governativa - scelta particolarmente severa - di sospensiva dell'intera legge, prima della sentenza vera e propria. Boggero già nella sospensiva rinviene elementi che torneranno nella decisione definitiva: «In particolare, il Collegio aveva osservato che "la pandemia in corso" avesse richiesto e richiedesse ancora "interventi rientranti nella materia della profilassi internazionale di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera q), Costituzione", mentre la legge impugnata, "sovrapponendosi alla normativa statale, dettata nell'esercizio della predetta competenza esclusiva, [esponeva] di per sé stessa al concreto e attuale rischio che il contagio [potesse] accelerare di intensità, per il fatto di consentire misure che possono caratterizzarsi per minor rigore" e che tale "aggravamento del rischio [sarebbe stato] idoneo a compromettere, in modo irreparabile, la salute delle persone e l'interesse pubblico ad una gestione unitaria a livello nazionale della pandemia". Sebbene l'ordinanza lasciasse alquanto genericamente aperta l'ipotesi di "diversificazioni regionali nel quadro di una leale collaborazione", la sentenza ha poi offerto di tale inciso un'interpretazione riduttiva, ma coerente rispetto alle prospettazioni di parte ricorrente. Nel merito, la Corte ha ribadito a chiare lettere quanto preliminarmente osservato nel giudizio cautelare, ossia che la materia oggetto dell'intervento legislativo regionale ricade integralmente nell'anzidetta competenza legislativa esclusiva dello Stato a titolo di profilassi internazionale, la quale sarebbe, infatti, "comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla"». Insomma una pietra tombale sulle scelte del legislatore valdostano, che fa ormai giurisprudenza ed aggiungerei, come autonomista, purtroppo! Le conseguenze della sentenza sono vaste e non a caso - cito solo tre passaggi - Boggero dice nel primo: «Negando in radice la sussistenza di qualsivoglia titolo di legittimazione regionale, la Corte pare, allora, aver voluto riorientare ad esclusivo favore dello Stato quella operazione di "liquefazione" dei limiti della competenza esclusiva che, per anni, la propria giurisprudenza aveva contribuito ad alimentare anche in una prospettiva regionalista, ossia consentendo ai legislatori delle Regioni di partecipare, in regime di sostanziale concorrenza, alla elaborazione delle politiche pubbliche. In altre parole, con la sentenza in commento la Corte imposta i termini del riparto in una prospettiva assai più rigida nella quale la "separazione", tipica del federalismo duale, torna a prevalere sulla "integrazione" delle competenze». Il secondo passaggio: «La ricostruzione della Corte risulta a un tempo irrealistica e controintuitiva; irrealistica perché suggerisce soluzioni organizzative uniformi fondate su capacità e competenze che lo Stato, da solo, non possiede; controintuitiva perché, nonostante individui nella disciplina unitaria di matrice statale l'unico mezzo per una piena garanzia dei diritti fondamentali, fa, poi, contemporaneamente salva, sia pure dandone un'interpretazione restrittiva, la sequenza normativa che autorizza l'adozione di ordinanze contingibili e urgenti in deroga alle misure statali da parte dei presidenti di Regione e Provincia autonoma. La sentenza de qua solleva più interrogativi di quanti essa sia stata, effettivamente, in grado di risolvere, anche ove si voglia osservarla nel quadro complessivo della giurisprudenza costituzionale sul Titolo V successiva al 2001». Il terzo passaggio: «In conclusione, uno scenario siffatto assomiglia assai più a quello del Titolo V previgente che a quello del Titolo V riformato. In esso, la compressione della competenza concorrente ad opera dello Stato aveva, infatti, relegato le Regioni e le Province autonome ad un ruolo meramente attuativo dell'indirizzo e coordinamento esercitato dal Consiglio dei Ministri sulla base di un'autorizzazione legislativa, ove fossero emersi interessi unitari non frazionabili. Complice l'emergenza pandemica, penetranti poteri di indirizzo e coordinamento del Consiglio dei Ministri, rectius del solo Presidente del Consiglio dei Ministri, sembrano essere stati riscoperti e utilizzati alla bisogna». Mi scuso con il professor Boggero per aver sforbiciato il suo articolo, ma poteva essere utile divulgarne i punti cardine, che indicano un'evidente "aria" antiregionalista di cui tenere conto anche in Valle d'Aosta.