Ottobre è un mese sottovalutato. Non lo era quando il 1° ottobre significava, per noi "remigini", l'ingresso a scuola proprio il giorno di San Remigio, ora accantonato dal ritorno in aula a Settembre, che è già lo scivolo fra l'estate e l'autunno. Ora invece è una strana presenza sul calendario, che ha il sapore agro della ripresa non ancora avvolta, almeno da noi, dalle nevi che danno un senso al nostro inverno alpino. Confesso, però, che per me Ottobre è stato per tanti anni - e lo dico con un velo di nostalgia - l'esperienza delle "ottobrate romane", che sintetizzano il clima mite che caratterizza il mese di Ottobre a Roma. Infatti la Capitale ad Ottobre è unica e bellissima: praticamente vive una seconda estate con i colori e gli odori dell'autunno.
Le "ottobrate" erano le tradizionali feste che chiudevano il periodo della vendemmia nel mese di ottobre. Per celebrare il raccolto e la fine del duro lavoro, nelle giornate di giovedì e di domenica ogni famiglia organizzava una gita fuori porta (detta "ottobrata" per l'appunto) e da ogni rione partivano delle carrette adornate di campanacci, su cui sedevano le ragazze. Il resto, in questa Roma campagnola, seguiva a piedi il carro fino alla destinazione. A queste scampagnate goderecce, all'insegna del cibo, dei canti e del vino, partecipavano nobili e popolani; si partiva in gruppi divisi ma, dopo qualche brindisi, i gruppi generalmente si mescolavano senza problemi. Ogni mondo è paese. Ecco una testimonianza lasciata da Giggi Zanazzo, studioso di tradizioni popolari: «Siccome Testaccio stà vvicino a Roma l'ottobbere ce s'annava volontieri, in carozza e a piedi. Arivati llà sse magnava, se bbeveva quer vino che usciva da le grotte che zampillava, poi s'annava a bballà er sartarello o ssur prato, oppuramente su lo stazzo dell'osteria der Capannone, o sse cantava da povèti, o sse se giôcava a mora». In fondo questo bel tempo propizio a stare all'aria aperta capita ormai anche nei nostri di Ottobre, con una sorta di "estate di San Martino" anzitempo o, come la chiamano i francesi, di «été indien» o «des Indiens», definizione di matrice nordamericana, ricopiata dall'inglese dai francofoni del Canada. Così, infatti, riassume il fenomeno "Linternaute": «L'expression "été indien", utilisée pour la première fois en 1778 par l'écrivain franco-américain Hector St-John de Crevecœur, nous vient du Canada, ancien territoire occupé par les Indiens. Cette locution fait référence à la période automnale offrant un temps relativement ensoleillé, des températures radoucies et surtout une nature aux couleurs magnifiques». Trovo poi una spiegazione più... meteorologica: «En Europe, on peut observer un été indien lorsqu'un anticyclone tenace vient s'installer sur le continent. Même si ceci arrive rarement, on assiste alors à ce que les météorologues qualifient de blocage: les perturbations océaniques sont tenues à l'écart pendant plusieurs jours. Le temps est sec et si les vents du sud s'en mêlent, ils soufflent des masses d'air subtropicales faisant monter les températures». Insomma, se poi a metterci lo zampino è anche il riscaldamento globale, dovuto al ben noto cambiamento climatico, Ottobre si scalda ancor di più ed è il testimone principale da noi di quella sorta di muta vegetale delle nostre montagne. Prima che appaia qualche spruzzo di neve, le cime sono rocciose e sotto piano piano appare quel fenomeno straordinario, che è il "feuillage", cioè quella tavolozza di colori a seconda degli alberi che cambiano la coloritura delle foglie. Mi è già capitato di evocare Henry Thoreau e la sua descrizione del New England: «Ottobre è il mese delle fronde dipinte. E' allora che prendono a brillare in tutto il mondo del loro sontuoso fulgore. Come i frutti e le foglie - anzi come il giorno stesso - poco prima di morire, si vestono di colori luminosi, così fa l'anno prossimo al suo termine: ottobre è il suo cielo al tramonto; novembre, il crepuscolo che a quello segue». Venendo alle nostre Alpi, ha scritto Mario Rigoni Stern: «Quando sarete capaci di osservare diligentemente i mutamenti che persino le più umili tra le piante subiscono, scoprirete che ognuna di esse assume, prima o poi, la sua peculiare livrea autunnale; e se v'impegnerete a stilare una lista completa delle tinte smaglianti di cui sono in grado di rivestirsi, sarà lunga quasi quanto un catalogo delle piante che crescono intorno a voi». Già, un bella sfida di osservazione. Un tempo mi scervellavo guardando certe piante per le mie scarse conoscenze di botanica, oggi sfodero il telefonino con la App che dà, con una semplice foto, un descrittivo della pianta che ho sotto il naso.