E se fosse che una parte di astensionisti sono stufi di una politica concentrata più sulle elezioni che su quello che viene dopo? Possibile che conti di più anche in campagna elettorale svilire le idee e le proposte del proprio avversario piuttosto che affermare le proprie ragioni? Il dubbio su queste storture ha incominciato a frullarmi nella testa da un po’ di tempo per la constatazione che in troppi usano le elezioni come un tram su cui salire e scendere se non eletti e pure fra gli eletti c’è chi si accomoda nel suo ruolo e sparisce dagli impegni assunti. Ha scritto lo scrittore francese Robert Sabatier: “C’è un’azione peggiore che quella di togliere il diritto di voto al cittadino, e consiste nel togliergli la voglia di votare”. Certi comportamenti sviliscono le elezioni e le istituzioni in egual misura. Il lavoro del politico, che una buona parte di elettori continuano a considerare sbagliando un “non lavoro”, dovrebbe consistere nell’affrontare e risolvere i problemi della comunità da cui è stato espresso. E per farlo bisogna crederci davvero e dimostrarlo con i fatti e non con le parole. Ma riconquistare al voto gli astensionisti incalliti o i nuovi praticanti del genere non sarà facile.