Per salvare le società calcistiche dalla bancarotta c’è stata persino una norma nella legge Finanziaria, che prevede di spalmare in 60 rate nei prossimi 5 anni i debiti dovuti ai mancati pagamenti Irpef rimasti in sospeso a causa della pandemia di Covid. Si tratta complessivamente di 889 milioni di euro! Questo dimostra il baratro in cui è precipitato lo sport nazionale per eccellenza, dopo anni di spendere e spandere, intervallati da scandali vari sulle partite truccate per il business delle scommesse. Questa zona grigia vale anche in…trasferta e mi riferisco al calcio mondiale, finito in Qatar a disputare i Mondiali. Una scelta imbarazzante e ben pilotata in favore di un Paese liberticida e avvezzo a intrallazzare con parlamentari europei per avere amici nei posti che contano, come emerso - pensa la sfortuna - proprio mentre si disputavano le partite dei Mondiali. Per questo insieme poco edificante da anni non seguo il calcio, non ho guardato le partite mondiali come gesto di protesta civile e mi arrabbio quando sento di ingaggi milionari per le star del calcio, avendo l’impressione che si sia letteralmente perso la testa. Rispetto chi digerisce tutto e segue la squadra del cuore in modo urbano e appassionato, ma si tratta di una maggioranza silente, perché purtroppo ad occupare la scena c’è chi, con i suoi i comportamenti, ha scelto di diventare un hooligan. Sono i tifosi teppisti, in un degrado crescente che crea imbarazzo, perché ormai le attività violente non si svolgono più solo negli stadi, ma con regolamenti di conti da Far West. Sulle recenti imprese ha scritto Daniele Dallera sul Corriere: ”Il pestaggio di domenica tra romanisti e napoletani, in un autogrill dell’autostrada A1, non è una novità, anche per la sede, visto che nel 2007 proprio lì fu ucciso Gabriele Sandri. Ma sposta il raggio dell’azione violenta: al centro non c’è più lo stadio, ma il luogo e l’agguato vengono scelti, studiati e pianificati. Non si viaggia più in pullman, facilmente controllabili dalle forze dell’ordine, facevano troppo gita sociale, ma su van, macchine private, veri e propri cortei della violenza, con bauli che diventano delle armerie, dove sono custoditi e nascosti bastoni, spranghe, coltelli, pistole e bombe carta. Pronte all’uso. C’è la sensazione che regni quasi un’immunità per i violenti, allo stadio e fuori: meglio smetterla, passare dalle parole ai fatti, per esempio che lo sportivo venga tutelato, non può più succedere che debba lasciare il suo posto allo stadio per l’ordine, per l’alzata di sopracciglio del capo branco che deve e vuole onorare il boss freddato in un agguato, come è successo tempo fa a San Siro durante un banale Inter-Sampdoria. Una scena da saloon, entra il cattivo, escono i buoni. Il teppista deve trovare vita dura, scomoda, e in particolare fare posto all’ultrà che vive il calcio e i suoi campioni con passione. Si può fare, basta volerlo”. Più che di immunità parlerei di impunità e per certe tifoserie emerge anche un credo politico che consente loro di ottenere ”sconti”. Passato il clamore, tutto torna come prima e i provvedimenti già assunti in passato sembrano non fermare la corsa di questa gentaglia. Ha scritto sul tema Aldo Cazzullo nella pagina a fianco dello stesso Corriere: ”Domenica ho percorso l’Autostrada del Sole, per fortuna lungo la carreggiata opposta rispetto a quella bloccata dagli ultrà. Non ho avuto disagi, ma ho visto migliaia di auto bloccate in una coda interminabile, gente che usciva dalle macchine e si avviava a piedi per rendersi conto di quel che stava accadendo, bambini in lacrime, anziani stupefatti. Quel che è accaduto — teppisti che usano un’arteria di scorrimento vitale per i loro regolamenti di conti — è gravissimo, e mi piacerebbe vedere nel governo la stessa reazione grintosa mostrata verso i ragazzi dei rave party”. Per me, sia per gli uni che per gli altri, non ci possono essere giustificazioni se violano la legge. Chi viola le libertà altrui non ha alibi da esibire.