È stato molto interessante partecipare a Bolzano/Bozen ad un incontro dedicato al plurilinguismo nelle scuole della Provincia autonoma. Realtà molto particolare con tre tipi di scuole, a seconda dell’appartenenza etnica, quella italiana, quella tedesca e quella ladina. Non è toccato a me presentare il modello valdostano dal punto di vista tecnico, perché lo ha fatto chi ha maggior competenza di me, essendomi invece concentrato su aspetti giuridici che riguardano minoranze linguistiche e affini ovviamente nel settore scolastico. Il punto di partenza è stata nella mia presentazione la celebre frase di Emile Chanoux, che campeggia su di una parete del Consiglio Valle. La ricordo: ”Il y a des peuples qui sont comme des flambeaux, ils sont fait pour éclairer le monde ; en général ils ne sont pas de grands peuples par le nombre, ils le sont parce qu'ils portent en eux la vérité et l'avenir”. Chanoux si riferiva alla Svizzera e in fondo questo vale per la Valle come per molte altre comunità alpine ed è da sempre l’esempio federalista della convivenza, come appunto avviene nella Confederazione elvetica, di più lingue (francese, tedesco, italiano, romancio), senza turbare un senso identitario più vasto. Concetti ben ripresi da quel famoso documento, frutto dei valdostani e dei valdesi, la Dichiarazione di Chivasso, che si avvicina ai suoi 80 anni e bisognerà celebrarla e anche, se lo sapessimo, fare un testo attualizzato. Ricorso solo due passaggi della Dichiarazione che segnalavano il disastro della dittatura fascista sulle Alpi: “DISTRUZIONE DELLA CULTURA LOCALE, per la soppressione della lingua fondamentale del luogo, là dove esiste, la brutale e goffa trasformazione in italiano dei nomi e delle iscrizioni locali, la chiusura di scuole e di istituti autonomi, patrimonio culturale che è anche una ricchezza ai fini della migrazione temporanea all'estero; la libertà di lingua, come quella di culto, è condizione essenziale per la salvaguardia della personalità umana; che il federalismo è il quadro più adatto a fornire le garanzie di questo diritto individuale e collettivo e rappresenta la soluzione dei problemi delle piccole nazionalità e minori gruppi etnici, e la definitiva liquidazione del fenomeno storico degli irredentismi, garantendo nel futuro assetto europeo l'avvento di una pace stabile e duratura” Basi importanti che furono espresse in parte per la Valle d’Aosta nel Decreto luogotenenziale del 1945, che sancì le ragioni geografiche, economiche e linguistiche della prima Autonomia, confermata - anche con il bilinguismo - nello Statuto speciale del 1945, cui dal 1993 si è aggiunta la germanofona comunità walser. Analogamente nello Statuto del Trentino Alto Adige si riconobbe il particolarismo linguistico, specie della comunità tedesca, cui si aggiunse la preziosa tutela internazionale dell’Austria, purtroppo non esistente per la Valle d’Aosta. Alla Costituente fu l’azionista Tristano Codignola a chiedere con un intervento accorato una norma quadro per le altre minoranze linguistiche in Italia attraverso quanto poi previsto all’ultimo dal dispositivo dell'art. 6 Costituzione: ”La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. Troppi anni ci sono voluti per avere questa legge, che esprime anche in materia scolastica, una varietà di modelli assai diverso. La legge n. 482 del 1999 recante “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche-storiche” - che è anche in buona parte una mia creatura - riconosce dodici minoranze: albanese, catalana, germanica, greca, slovena, croata, francese, franco-provenzale, friulana, ladina, occitana e sarda. Ognuna di queste minoranze ha modellistiche sue, quasi sempre non ripetibili, anche in campo scolastico. Ogni aspetto comparativo e qualunque esempio torna comunque utile per tutti gli altri. E confrontarsi, sempre per capire come migliorare, è esercizio di grande utilità.