Leggo spesso, per il suo acume e la sua capacità di scavo nei temi, Luciano Capone su Il Foglio. Le origini irpine, popolazione dalle grandi doti culturali, si mischiano alla solida formazione bocconiana. Ho molto apprezzato il bel quadro dedicato su di un giornale serio verso quello strano fenomeno editoriale, che è il “Fatto quotidiano”. Parte da una intuizione del CEO e del formatore Alberto Brandolini che risale al 2013, diventando rapidamente virale. Ispirato dalla lettura di “Pensieri lenti e veloci“, scritto dal Premio Nobel Daniel Kahneman, questo principio è strettamente legato al dibattito sulle fake news. Ad essere esatto l’origine del pensiero di Brandolini risale al gennaio 2013, su Twitter. Stufo di discutere di sciocchezze con estranei, il programmatore iniziò a leggere il libro appena citato. Dopo aver ultimato la lettura, assistette a un dibattito televisivo tra il giornalista Marco Travaglio e l’ex presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi. Il disagio che gli procurava era tale che formulò in un twitter elaborando la sua famosa legge. Scrive Capone: “Dice la legge di Brandolini che la quantità di energia necessaria per confutare una stronzata è molto superiore a quella necessaria per produrla. E’ questo il grande vantaggio della disinformazione. Rende la confutazione sicuramente un lavoro antieconomico, ma forse non del tutto inutile se serve a segnalare l’affidabilità di certe fonti. Un caso di scuola di disinformazione, che riguarda una vicenda drammatica come l’invasione dell’Ucraina, è la serie di articoli di Daniela Ranieri pubblicata sul Fatto quotidiano, che punta a descrivere – in linea con la propaganda russa – Volodymyr Zelensky come un autocrate e gli ucraini come autori di crimini contro l’umanità su vasta scala nelle regioni orientali. Gli articoli si basano su informazioni parziali, distorte e false”. Così Capone esplicita: “Nel primo articolo della serie dal titolo “I Saturnalia di Zelensky in tv fra propaganda e fake news” (del 15 maggio), l’autrice attacca i giornalisti italiani che hanno intervistato Zelensky durante la sua visita in Italia per il loro servilismo nei confronti del presidente ucraino (non a caso l’articolo del Fatto è stato elogiato dal principe dei propagandisti russi: Vladimir Solovyov). Per dimostrare che l’Ucraina è piena di nazisti (una delle ragioni usate da Putin per giustificare l’invasione) Ranieri scrive: “Soprannominati ‘Uomini in nero’, dopo le denunce di Amnesty nel 2016 sono indicati in un rapporto Osce come ‘responsabili dell’uccisione di massa di prigionieri, occultamento di cadaveri nelle fosse comuni e uso sistematico di tecniche di tortura’”. Ecco svelate le fonti: “Il primo rilevante problema di questa citazione è che non esiste. Non compare in alcun documento dell’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) sulla crisi in Ucraina dal 2014 a oggi. Da dove salta fuori? L’autore (non citato da Ranieri), molto probabilmente, deve essere Marco Travaglio che nel suo libro sulla propaganda “atlantista”, dal titolo “Scemi di guerra”, scrive che nel 2016 “anche l’Osce condanna duramente gli orrori dei miliziani dell’Azov, definendoli ‘responsabili dell’uccisione di massa di prigionieri, occultamento di cadaveri nelle fosse comuni e uso sistematico di tecniche di tortura fisica e psicologica’”. Insomma, la redattrice del Fatto si è fidata del suo direttore. Ma posto che la citazione è falsa, Travaglio se l’è inventata o l’ha ripresa da qualche parte? E dove? Non è chiaro, anche perché nel libro Travaglio non indica alcuna fonte, neppure in una nota (anzi, le note proprio non ci sono). La ricerca non è agevole, ma si scopre che quel passaggio è pressoché copiato (viene solo invertita la sequenza dei crimini contestati) dalla voce di Wikipedia sul “Reggimento Azov”, dove però non compare né come virgolettato né viene attribuito all’osce. Su Wikipedia quella frase viene usata come sintesi di “un rapporto presentato all’osce dalla Foundation for the Study of Democracy”. Non è quindi un “rapporto dell’Osce”, come scritto da Travaglio e Ranieri, ma “un rapporto presentato all’Osce”. Vabbè, sarà un dettaglio, con quel nome altisonante si tratterà sicuramente di una fondazione seria. Niente affatto. La Foundation for the Study of Democracy è una protesi propagandistica del Cremlino mascherata, neanche troppo bene, da Ong. Al suo vertice c’è il russo Maxim Grigoriev, che ha realizzato questo report anti ucraino insieme alla Russian Public Council for International Cooperation and Public Diplomacy, presieduta su nomina di Putin dall’alto diplomatico russo Sergei Ordzhonikidze (figlio di un ambasciatore sovietico e discendente di un leader bolscevico ministro di Stalin). A settembre 2022 Grigoriev con la sua Foundation for the Study of Democracyha certificato la regolarità secondo il diritto internazionale dei referendum di annessione alla Russia nelle regioni ucraine occupate dalle truppe russe. Circa un mese prima dell’invasione dell’ucraina, a gennaio 2022, Grigoriev presentava un libro e una mostra su quanto fossero nazisti gli ucraini insieme al direttore dei servizi segreti esteri russi Sergei Naryshkin. E già nel 2019, il Cremlino aveva usato Grigoriev e la Foundation for the Study of Democracy per produrre analoghi report farlocchi per scagionare il dittatore siriano Bashar el Assad (alleato di Putin) dall’accusa di aver usato armi chimiche nel 2018 a Douma e fare ricadere la colpa sui ribelli. Mentre l’indagine indipendente dell’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac/opcw) ha concluso che la responsabilità dell’attacco chimico è dell’aviazione di Assad. Si tratta, in sintesi, del riciclo di scadente disinformatija russa di seconda e terza mano, che in genere i giornalisti occidentali riconoscono come tale. Tranne gli utili idioti di Putin”. Utili idioti troppi numerosi e qualcuno spicca anche in Valle d’Aosta.