Capita ogni tanto di credere davvero che gli alieni siano già fra di noi. Di recente a Roma ho partecipato ad un interessante convegno sull’Intelligenza Artificiale. L’ho fatto perché credo che siamo di fronte ad una tecnologia che risulterà una evoluzione o forse una rivoluzione nel settore del digitale con implicazioni forti sulla società umana. Per cui, prima di trovarmi nelle condizioni di non capire per perdita di conoscenze, meglio lanciarsi all’inseguimento, nei limiti naturalmente delle mie capacità di cogliere la forza propulsiva di certe novità emergenti, applicandone le utilità. Ebbene, l’alieno, altissimo funzionario statale, alla domanda se si dovessero prevedere leggi sul tema IA ha risposto qualcosa come: “No, non è necessario, siamo in un Paese di legulei e se dovessimo normare la materia rischieremmo solo di fare pasticci”. Credo che in sala si sia sentito il rumore della mia mascella che cadeva in terra. Di questi tempi l’Unione europea, nel trilogo, così si chiama il confronto fra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo, sta cercando un compromesso fra diverse posizioni per approvare entro fine anno e comunque prima delle elezioni europee un regolamento assai articolato sull’Intelligenza Artificiale. Un regolamento che si applicherà tout court a tutti gli Stati membri e sarebbe il primo caso nel mondo di una normativa regolatoria, che ritengo utile se non indispensabile, con buona pace di chi non lo sapeva, malgrado il rilevante ruolo pubblico.. Per fortuna ho sentito, come indiretta compensazione a consolazione, molte spiegazioni prevalentemente tecniche sul ruolo innovativo dell’Intelligenza Artificiale. Con la certezza che queste tecnologie - perché esiste nel settore una sana competizione - saranno in costante evoluzione e bisognerà in qualche modo rincorrerle per evitare dí cristallizzarsi di fronte a quanto destinato a mutare con impressionante velocità. Niente di preoccupante, a condizione naturalmente di avere su molti punti una quadro di norme che evitino usi distorti che possano sfuggire al controllo. Questo vale per qualunque tecnologia sin dalla notte dei tempi e dunque le cautele dovrebbero - uso il condizionale - far parte delle buone pratiche. Certo gli usi dell’Intelligenza Artificiale sono in parte già acclarati, altri sono prevedibili, altri ancora possono stupire e ci sono poi spazi sinora non esplorati che verranno utilizzate con il tempo grazie all’inventiva umana nelle applicazioni. L’impressione - almeno per il settore pubblico - è che per ora si proceda a tentoni con piccole esperienze e manchi una sorta di repertorio che consenta alla politica e alle amministrazioni di lanciarsi con maggior coraggio nell’utilizzo. Sembrerebbe mancare un ponte fra scienza e piena esplicitazione per I possibile utente del novero degli utilizzi, forse per alcuni aspetti prematuri. Bisognerà poi nel pubblico fare i conti con una pigrizia insita in chi, abituato a fare le cose in un certo modo, vede l’innovazione come minaccia per ignoranza o più semplicemente come turbamento del quieto vivere. Con l’aggravante da non sottostimare di un settore pubblico che per innovare deve seguire regole che allungano i tempi di decisione o, come si dice oggi, di messa a terra. Così quando l’Intelligenza Artificiale fosse infine adoperata per uno qualunque dei possibili terreni ci saranno sempre i tempi trascorsi tra concezione e realizzazione e il rischio sarebbe quello di trovarsi già un passo indietro rispetto alle innovazioni nel frattempo maturate. Una sorta di inseguimento infinito. Per questa bisogna non mollare l’osso e riuscire, nel rispetto delle regole, ad essere tempestivi.